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Quel male assoluto che non va rimosso

Autore: Brunella Schisa
Testata: Il Venerdì de La Repubblica
Data: 31 agosto 2012

Roma occupata. Le leggi razziali costringono Giacomo e la moglie Elsa ad abbandonare la città e rifugiarsi con le figlie Milena e Dora in una canonica di campagna fingendosi cristiani. Giacomo possiede un negozio di tessuti che lascia in gestione al commesso e di tanto in tanto va in città per prendere un po' di soldi. Un giorno la corriera torna vuota. Soltanto dopo la liberazione Elsa apprenderà che Giacomo è morto a Auschwitz, arrestato davanti al suo negozio. Un arresto casuale o dovuto a una spiata? E di chi, se non del commesso che sostiene d'essere il nuovo proprietario del negozio? Giacomo gliel'avrebbe venduto prima della fuga. Elsa non vuole appurare la verità, le sue figlie adolescenti devono guardare al futuro, non vivere di rancori. Per mantenerle Elsa si improvvisa sarta e tiene il dolore tutto per sé. Ma arriva il momento in cui la Storia chiede di saldare i conti.

La scrittrice piemontese Lia Levi, partendo da una storia vera, ci ricorda in modo magistrale che non bisogna dimenticare. Né vergognarsi del passato, come accadeva nella neonata Israele?
«Ma si era nel dopoguerra e in Israele si cercava si costruire l'uomo nuovo, l'ebreo che non si fa ammazzare, ci si vergognava di essere state vittime passive».

In Italia, invece, si tendeva a rimuovere. Un po' come fa Elsa.
«Elsa non vuole fare soffrire le sue figlie, quanto all'Italia, non si è mai fatto un mea culpa, si è attribuito il male assoluto ai nazisti. Nessuno si è assunto le responsabilità dell'Italia fascista e repubblichina. Un Paese non colpevole che a un certo punto si è sentito vittima del fascismo. E questa è una grande falsificazione».

L'amnistia Togliatti che emendava i reati comuni e politici commessi fra 1'8 settembre 43 e la fine della guerra ha aiutato la rimozione collettiva?
«Certo. Si è rinunciato a fare giustizia. Non essendoci stata alcuna epurazione ci siamo trovati con le stesse strutture. Gli stessi giudici che prima giudicavano gli antifascisti, gli stessi insegnanti. le stesse forze di polizia. In un Stato che non ha preso coscienza delle sue responsabilità, la società si è bloccata. E come possiamo superare quell'esperienza se non l'abbiamo mai affrontata? A chi mi dice che per noi ebrei è arrivato il momento di voltare pagina rispondo: come si può voltare una pagina che non abbiamo mai letto?»