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Il riscatto mancato dei fratelli colombiani

Autore: Cinzia Fiori
Testata: La Lettura / Corriere della Sera
Data: 17 febbraio 2013

L'impressione, al termine di Preghiere notturne, sesto romanzo del colombiano Santiago Gamboa, è d'essere finiti in un libro diverso da quello incominciato. La voce di Manuel, che racconta la sua infanzia e adolescenza a Bogotà, è convincente. Seducono le sue memorie, lui, piccolo eroe, che si crea un mondo a parte, capace di fargli scordare l'ambiente intorno: gretto, povero, senza speranza di riscatto né amore. Il lettore segue i suoi passi, la scoperta dell'abilità nel disegnare graffiti di Banksy, la passione proibita per i libri e i film d'autore. E, soprattutto, la nascita dell'affetto profondo e della complicità con la sorella maggiore: loro due contro tutti, diversi, abbracciati, che scoprono l'arte e la conoscenza come affrancamento. In attesa della fuga all'estero che li salverà. Ciascuno è il futuro dell'altro. Intanto, Alvaro Uribe sale al potere, spacca le famiglie con discussioni violente, divide il Paese in fazioni pro e contro, circolano voci, che cresceranno, su paramilitari, desaparecidos, servizi speciali e guerriglieri. Manuel, si scoprirà resto, parla da un carcere di Bagkok, ha 27 anni, l'hanno preso mentre cercava la sorella sparita da anni. Si rivolge a un ignoto console: tocca al lettore ricostruire la trama. Per buona parte, il romanzo procede alternando le voci di tre protagonisti e giocando a confondere i piani temporali. Oltre al ragazzo, c'è il console peruviano arrivato da Delhi, ossia il personaggio Gamboa che strizza l'occhio all'autofiction e una remota Inter-Neta che con un tono un po' oracolare svolge un ruolo paragonabile a quello del coro nelle tragedie greche, ma di fatto, nel garbuglio solipsistico della Rete, anticipa sibillina quel che accadrà. Il console, invece, è quel che ci si aspetta dal protagonista di un noir: la scuola dei duri dal cuore tenero. Ma è un simpatico tanghero con l'amore per l'alcool e per la letteratura. Il testo è zeppo di omaggi a scrittori e di citazioni, sposa invece con vigilanza sulla trama la logica del frammento, inserendo anche dei materiali eterogenei, eruditi. Occhieggia un po' a Foster Wallace, un poco a Bolaño e c'è pure un tocco di Vila-Matas, tutti rivisitati all'insegna dell'intrattenimento. I guai incominciano al sesto capitolo della seconda parte, quando Juana, la sorella, prende voce e inizia a fornire la sua versione. Più parla meno le si crede, diventa lo stereotipo della vera tosta. Per poi trasformarsi in mistero. La scrittura, intanto, perde l'equilibrio tra dramma e alleggerimento che s'era prefissa. Così, quello che negli intenti dichiarati nel testo non doveva essere «un noir, ma una storia d'amore» pur non diventando né l'uno né l'altro, finisce per accomodarsi sui cliché di genere.