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Il cielo è dei potenti, di Alessandra Fiori

Autore: Erminio Fischetti
Testata: Fuori le Mura
Data: 13 maggio 2013

Ironia della sorte il sottoscritto si approccia alla recensione di questo bel libro di Alessandra Fiori proprio nei giorni successivi alla morte di Giulio Andreotti. Il cielo è dei potenti è infatti un ritratto a posteriori fittizio della Prima Repubblica, che l’autrice scrive ispirandosi alla figura di suo padre, Publio Fiori, vicepresidente della Camera dei deputati, sottosegretario al Ministero delle Poste e Telecomunicazioni, sottosegretario alla Sanità e Ministro dei Trasporti e della Navigazione, gambizzato dalle BR e soprattutto Democristiano di lungo corso. Il romanzo racconta infatti di un giovane uomo di provincia di Fiano Romano che vuole evadere dalla sua realtà di piccolo borghese e dallo studio legale del padre per entrare nel mondo politico nazionale. Ed è su questo sfondo che la storia acquisisce una visione perfettamente storica e politica perché il ritratto che ne viene fuori è quello della Prima Repubblica, quella appunto di Giulio Andreotti, facilmente rintracciabile nelle maglie del racconto così come tanti altri personaggi di quel tempo.

È così che si parla di tangenti, di palazzinari, di accordi col Vaticano, dello IOR, di storie sudice e sotterranee di quel sottobosco di Montecitorio che tutti ben conosciamo. Il cielo è dei potenti (numerosi i rimandi del titolo da Maupassant ai romanzetti rosa della Sperling & Kupfer revisionista degli anni Ottanta e Novanta, ma non è assolutamente questo il caso) non manca di ironia, di crudele analisi, ma mai, mai vuole essere un racconto nostalgico di quegli anni, come troppo spesso recentemente sembra andare di moda in alcuni scrittori a noi contemporanei. Eppure in qualche modo è romanzo malinconico, che narra di quel periodo attraverso il pensiero di Claudio Bucci, il protagonista oggi ormai anziano che in una sera di pioggia incontra per caso l’ex-moglie Giuliana, in fondo mai dimenticata, e il suo ex-migliore amico Guido.

Da qui si apre il racconto di una vita che è quella di un uomo che nel dopoguerra vuole levarsi di dosso il puzzo della clientela paterna che paga con caciotte e vino. Non piace a Claudio quella vita perché è sintomo, simbolo di un Paese arretrato, lontano dalle immagini che la ricostruzione vorrebbe concedersi agli occhi del mondo e soprattutto di quell’America che ammira tanto perché ha tolto questo Paese dalla miseria e dal fascio mussoliniano. Pertanto il giovane fugge via da quella realtà entrando in un’altra che sembra per lui il Paradiso, non esitando, come molti altri, a concedersi alla corruzione e al compromesso attraverso un’escalation che va dalla semplice iscrizione al partito a consigliere comunale fino a parlamentare e ministro.

Si sporca bellamente le mani Claudio Bucci, seguendo bene il monito popolare del collega Andreotti, per quella carriera così desiderata; rovina un matrimonio con una dolce e fiera moglie, rimane quasi ucciso in un attentato terroristico delle Brigante Rosse, un’azione che và persino a suo vantaggio agli occhi del popolo, si salva per il rotto della cuffia dallo scandalo della P2. Ma come tutti in quegli anni aveva cominciato dal basso, dalle piccole cose, che nel suo caso significava scambiare schede elettorali, prendere mazzette, correggere il tiro, fino al crollo definitivo di Tangentopoli e il passaggio ad Alleanza Nazionale. Ma la malinconia che tesse la Fiori non è di quella traccia positiva che connatura questo sentimento quanto piuttosto un’acre consapevolezza del personaggio stesso della sua mediocrità, della sua meschinità, del costo umano di quella scelta, ma tali consapevolezze restano ben nascoste perché in fondo come ogni buon italiano a Claudio Bucci piace pensare di essere una brava persona.

L’uomo accetta di fare i conti con la propria decadenza, ma indulge verso se stesso perché in fondo va bene così. E in questo Il cielo è dei potenti si dimostra ancora più crudele. In sostanza, Alessandra Fiori cavalca quel periodo con competenza, con occhio acuto, graffiante, ha l’intelligenza di sostenere un libro che non cerca i dettagli dei singoli fatti storici con precisione per riuscire così a dare un taglio ancora più realistico a quel periodo compiendo un’operazione di riscrittura storica che centra il bersaglio e lo demonizza con eleganza riuscendo in qualche modo anche a gettarselo alle spalle. Insieme a Resistere non serve a niente di Waleter Siti, il romanzo più attuale fra i dodici libri candidati allo Strega. Sarebbe un delitto non farlo rientrare nei cinque finalisti anche solo per la sincerità con la quale fotografa un pezzo fondamentale della nostra Italia, che ci fa capire il perché oggi ci siamo ridotti così. In fondo come Alessandra Fiori, siamo un po’ tutti figli della DC, ed è interessante come il ritratto che ne emerge viene fuori proprio dalla figlia di uno dei suoi membri.