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Blanca, Patrizia Rinaldi

Autore: Carmen Pellegrino
Testata: Internodue
Data: 30 luglio 2013

Al commissariato di Pozzuoli, guidato dall’infaticabile Martusciello, l’estate pare non voglia finire, con il suo carico di vita e di morte, come solo l’estate napoletana sa fare. È caldo che crepa le vie, le fogne esalano, l’umido appiccica i pensieri ai loro tarli e li lascia a tignarsi.

Il vecchio commissario, estenuato dalla sua esistenza poco felice e dal forte senso del dovere, continua le sue giornate senza sottrarsi al lavoro, motivo in più per autodefinirsi ciuccio di paese, come a rimarcare la scorza cafona che lo contraddistingue dall’ispettore Liguori, il cavaliere, l’aristocratico colto e incline a un celestiale sdilinquimento ogni volta che gli viene fatto di incrociare una donna.

A mediare fra i due, che pure condividono momenti di vicinanza e confidenza, c’è Carità, agente scelto più per la sua abilità a preparare caffettucci e brioche che per l’acume delle sue trovate – uno dei personaggi minori meglio riusciti, per come è goffo, per le difficoltà a esprimersi in bell’italiano; a meno che non gli tocchi di confidare a Martusciello certi suoi guai di basso ventre che pure gli accadono.

In uno di quegli afasici mattini, il commissariato di Pozzuoli viene investito di notizie funeste: un pregiudicato è stato ucciso; il rampollo di una famiglia di imprenditori è stato rapito; nelle stesse ore è scomparso un altro ragazzino, che è poi un cugino del rapito; infine l’assassinio di una giovane donna, trovata con il petto trafitto da una coltellata data di spalle, al modo dei vigliacchi. Eventi all’apparenza non collegati fra loro eppure, si scoprirà, tutti con una comune matrice.

Di lì a poco Martusciello s’imbatte nei genitori del rampollo che ne denunciano la scomparsa; una denuncia formale, priva di strazio, come pure il commissario – così tanto legato alla sua unica figlia – si sarebbe aspettato. Senza contare che la donna trovata morta con il petto trafitto si era presentata proprio nel suo commissariato, qualche giorno prima, per denunciare qualcosa che poi non aveva denunciato.

Tanto basta per gettare il commissario e i suoi in una baraonda di ipotesi che portano a nulla, giacché per risolvere certi casi non bastano dati e ricostruzioni, traiettorie degli schizzi di sangue e logica. Occorrono intuizione e spiragli di mistero entro i quali ciascun fatto deve rimanere inquadrato nel suo scorcio. Accade così che, d’un tratto, Martusciello si renda conto di avere bisogno di una donna nel suo ufficio, di una sensibilità diversa dalla sua che lo coadiuvi nel decrittare segnali che né lui né tantomeno Liguori sono in grado di riconoscere. Perciò, in capo a qualche giorno, la sovrintendente Blanca viene inviata a Pozzuoli come una manna dal cielo. È una donna sensuale e acuta ed inferma nella vista dall’età di tredici anni; al suo limite però non si è arresa e anzi, proprio in forza di questo, ha acutizzato gli altri sensi e affinato l’abilità del sentire che le consente di scoprire, a volte quasi divinando, i segreti nascosti negli ansiti delle voci, rompendo la crosta di parole da cui siamo posseduti.

Con il provvidenziale arrivo di Blanca si costituisce una squadra inquirente ben assortita, con Liguori destinato a infiammarsi, poi forse chissà, d’amore per lei; un terzetto che ritroveremo anche in Tre, numero imperfetto (pubblicato sempre dalle edizioni e/o) che di Blanca (e/o 2013)è il sequel e nel quale si definiranno ancora meglio le passioni e i destini.

Blanca è un personaggio che non ha eguali né doppi nella letteratura di genere, autentica e particolarissima com’è. L’autrice l’aggrappa da subito al suo abito destinale, chiamandola Occhiuzzi, a riprova di quanto spesso il caso o il destino inchiodi ciascuno al proprio preciso sbuffo d’aria. Blanca però si è lasciata alle spalle il tenace labirinto di una crescita dolorante, il pericolo di un fondo buio e lacerante. Anche in questo è la forza del libro, nel tracciare la mappa di una geografia esistenziale che trae forza e risorsa dal trauma, quale che sia.

In appendice c’è il racconto della tragedia che ha cambiato l’esistenza di Blanca, il racconto dell’incidente col fuoco che da bambina le tolse per sempre l’amata sorella Graziella e insieme la possibilità di vedere un mondo senza di lei. Fu come un lampo e Blanca smise di essere piccola. Sarà anche per questo, come per un risarcimento o, forse chissà, per un insperato recupero d’infanzia, che prenderà in affido Ninì, la figlia della donna con il petto squarciato. Ninì ha dodici anni e in lei, nel suo odore di glicine, forse Blanca potrà ritrovare quella parte di lei andata a fondo mentre la sua esistenza si congelava nell’immobile buio del mondo che la circondava.

Infine qualcosa va detto sull’altro elemento fondamentale del romanzo. Mi riferisco alla scrittura che, pagina dopo pagina, dà prova di quel piacere del testo di cui parla Barthes, ovvero lajouissance che viene da una scrittura della significanza entro la quale ogni singola parola interagisce con le altre per creare un effetto di senso. La sensualità degli alfabeti della Rinaldi è scolpita in ogni passo, perché qui siamo a una prosa di nervi e di accidenti, alla voce di una carne sconosciuta e segreta, in cammino inarrestabilmente verso il non detto, verso ciò che resta sotto le parole posate e che è il solo in grado di dire la vita.