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Altroché le 50 sfumature

Autore: Marilù Oliva
Testata: libroguerriero
Data: 30 novembre 2013

«La mia è un’apologia del piacere che rifiuta di giudicare moralmente e di discriminare le diverse forme di piacere sessuale. Contemporaneamente però cerco anche di riflettere sulla dialettica tra libertà e destino. La sessualità infatti assomiglia al destino, giacché un desiderio è sempre subito. Non scegliamo un desiderio, lo proviamo e basta. Il desiderio non dipende dalla volontà o da una scelta. Nel romanzo, mi domando quale sia il nostro spazio di libertà rispetto a questo destino».

Eric-Emmanuel Schmitt, da un’intervista rilasciata a Repubblica

«La perversione sessuale è rassicurante. La gente la capisce»

Concorde con le dichiarazioni dell’autore, premetto che La giostra del piacere non è un romanzo erotico: è un romanzo sull’erotismo, che «però non arretra di fronte a nulla» e che sfoglia, dell’eros, ogni pagina proibita senza cadere mai nell’ovvio pornografico. Suddiviso in cinque parti che sottolineano la portata sacra del tema trattato, la sensualità e tutte le sue implicazioni – Annunciazione, Magnificat, Responsorio, Dies irae, Lux perpetua –, l’opera si concentra sugli intrecci imponderabili dei rapporti umani. Del resto questo scrittore di origini franco-irlandesi, nato a Lione nel 1960, è conosciuto come grande osservatore del lato psicologico e intimistico dei suoi personaggi, nonché delle complicazioni dei rapporti umani. Ha al suo attivo una trentina di opere tra romanzi, saggi, raccolte di racconti e opere teatrali e La giostra del piacere è l’ultimo dei 18 libri pubblicati con  edizioni e/o (tit. orig. Les Perroquets de la place d’Arezzo), uscito da poco nella collana Dal mondo con un’ottima traduzione di Alberto Bracci Testasecca.

Cos’ è La giostra del piacere? Come anticipa il titolo si tratta di un girotondo, un palio collettivo che ruota attorno a place D’Arezzo, a Bruxelles, dove un’insolita presenza di pappagalli e cocorite suscita frivoli concerti e svolazzare colorato. Simbolo di quella giungla intricata da cui non sfuggono nemmeno le esistenze urbane, la piazza funge da epicentro esotico di una kermesse di situazioni familiari, professionali e di coppia.  Ne curano il giardino due personaggi emblematici: il bellissimo Hippolyte e il nano Germain – ovvero l’adone dal fisico statuario e il tappo, lo sgraziato – che sintetizzano, nella loro discrasia, la dualità sempiterna del bello e del brutto che si interfacciano. Attorno alla giostra, un mistero. Quello della lettera quasi anonima ricevuta da alcuni inquilini delle abitazioni che vi si affacciano:

Questo messaggio solo per dirti che ti amo. Firmato: tu sai chi.

Ma la lettera è un elegante pretesto. Quello che conta, qui, è l’abisso del desiderio: «Una volta stabilito quello, uno cerca di esserne all’altezza».

I tipi umani descritti coprono una gamma vastissima: sia che si tratti del politico affermato e sessuomane, sia che si tratti dell’artista gay o della donna insicura perché sovrappeso o dell’amante mantenuta, bellezza strepitosa che si mantiene in forma mangiando come un uccellino.

Ci immergeremo in situazioni quotidiane ma anche fuori dall’ordinario, paradossali, imprevedibili. Come quella del bravo marito perfetto nel fisico, nel ruolo e nella discendenza, che, in auto coi propri bimbi, li osserva compiaciuto del marchio genetico impresso su di loro, salvo poi, quando resta solo, buttarsi nell’equitazione e in incontri vietati. Poi c’è il gigione impacciato che comunica solo attraverso le chat, la moglie di un fioraio anonimo, quella di uno scrittore che apprezza la propria donna in tutti i suoi chiaroscuri:

Joséphine suscitava reazioni contrastanti, Baptiste lo sapeva: o era adorata o era detestata. I più numerosi erano quelli che la detestavano. Baptiste non se la prendeva. Anzi, quell’esclusione gli forniva un setaccio per individuare le menti semplicistiche, convenzionali. Grazie a lei si sbarazzava di parecchi cretini.

Eppure Baptiste, che è immerso nella stesura di un’Enciclopedia dell’amore, accetta di aprirsi a una relazione triangolare. Anche altrove si dispiegano fantasie dense, il peccato si scioglie di fronte alla bramosia e allora si incarna in pelli che si annusano, si riconoscono, si disfano nell’alcova, i desideri scendono sui corpi spesso mediati dal galeotto del pensiero: la più potente perversione diventa la fusione di anima e corpo, lasciano al secondo il dominio totale. E delle volte basta un soprannome, Fiordiligi.

In questo libro c’è chi penetra «nella parte selvaggia, non sociale della notte», c’è chi cova la felicità dopo l’emozione dell’iniziazione, c’è una donna mozzafiato che decide di far sgombrare dalla sua vita il giovanissimo amante, perché la giovinezza va bene, purché non ci rimbalzi troppo addosso lo spauracchio del tempo che passa:

In bagno si guardò allo specchio: se la storia fosse continuata sarebbe diventata una donna patetica, timorosa e ossessionata dalla propria decadenza. Mentre lei si sentiva una primavera, lui la precipitava verso l’autunno. L’orgoglio doveva proteggerla dal decadere.

Chiudere. Chiudere al più presto. Era necessario circoscrivere l’avventura. Per Ève tre giorni bastavano. Di più l’avrebbero mandata in depressione.

Respingendolo, sarebbe tornata giovane o comunque una bambina rispetto agli amanti vecchi. Se se ne liberava sarebbe tornata a essere quella che si serviva degli uomini, anziché quella che intratteneva un principe. Se lo rifiutava sarebbe ridivenuta il centro della propria vita.

Il libro prosegue ritmato per 654 pagine, con una scrittura maestra e piena di sorprese, mentre spettatori irrequieti sono i volatili di place d’Arezzo, che tutto vedono e anche loro desiderano. Almeno così sembra, al di là dell’incognita della loro presenza:

Com’era possibile che uccelli dei paesi caldi si fossero trasferiti nel nostro freddo continente? Perché quella giungla tropicale aveva messo radici nel cuore della città? Per quale follia gridi selvaggi, urla di animali in calore, orge sfrenate, colori crudi, netti, barbari agitavano la grigia quiete della capitale europea?

C’è una spiegazione anche a queste domande, ma la scoprirete a pagina 145. E, per concludere, vorrei dire le ultime due cose. Innanzitutto: se vi son piaciute le 50 sfumature rosse/grigie/nere, allora lasciate perdere questo gioiello di sensi e fascinazione. Se invece appartenete alla numerosa schiera di coloro che hanno indietreggiato o hanno chiuso i suddetti volumi, leggete Eric-Emmanuel Schmitt e leggetelo nel silenzio. Vi basti l’illusione di ascoltare, tra le pagine, i sospiri di piacere dei personaggi e il cicaleccio selvatico dei volatili d’oltreoceano.

Seconda cosa: verso la fine del libro potrete assaggiare degli estratti da L’Enciclopedia di Baptiste e il mio consiglio è di prendere nota. Perché alcune voci sono deliziose. Come questa, dulcis in fundo:

Amore. 1. Problema tra umani che alcuni scambiano per soluzione. 2. Egoismo che trova un equilibrio provvisorio grazie all’egoismo altrui. 3. Facoltà eccezionale di interessarsi all’altro e disinteressarsi di sé. 4. Argomento di romanzi.