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Due corsari ad Algeri cristiani di Allah

Autore: Michele De Mieri
Testata: l'Unità
Data: 6 maggio 2008

NUOVA EPICA ITALIANA Il romanzo di Massimo Carlotto, ambientato nella «città bianca» sotto l’impero ottomano, narra la storia dei trecentomila cristiani che abbracciarono l’Islam per un po’ di libertà (e di ricchezza)

Proprio recentemente è stata ampiamente teorizzata da parte del collettivo Wu Ming la Nuova Epica Italiana, un sentiero narrativo ormai ampio che percorre a ritroso la storia sotto la spinta della propaganda e della superiorità culturale. Ma non c’è solo l’aspetto propriamente ideologico in questa strada abbracciata fin dall’inizio dai Wu Ming, coi loro romanzi da Q fino a Manituana, o da Valerio Evangelisti, o l’ultimo Lucarelli africano de L’ottava vibrazione: c’è anche voglia di grandi narrazioni, di un piacere del racconto che fugge le ristrettezze dell’«io». Massimo Carlotto, almeno a prima vista, non sembrava tra gli scrittori attratti da una fuga all’indietro, a frugare nel passato dei secoli, lui, scrittore sempre così in presa diretta. Invece con Cristiani di Allah (edizioni e/o, pp. 200, 19,50) anche lui abbraccia, con successo la via dell’avventura, restando fedele alla «sua» area, quella mediterranea.

Redouane e Othmane sono due corsari, uno albanese, l’altro tedesco, che dopo un passato da lanzichenecchi, sono approdati ad Algeri. Siamo nel 1541, la «città bianca», appartenente all’impero ottomano, è in questi anni la più forte tra le città corsare, luogo di ritrovo di migliaia di uomini di mare, spesso scappati dalle rive del nord del Mediterraneo per ribellarsi alla condizione di nascita o per fuggire le persecuzioni di ogni tipo perpetrate dall’Inquisizione e dagli eserciti di Carlo V. Una terra dove tutti questi uomini provenienti da terre diverse parlano in sabir, una sorta di esperanto delle lingue marinare dell’epoca. Al centro del romanzo vi è una storia complessa e rimossa, quella dei circa trecentomila cristiani che abiurarono la religione cattolica per abbracciare – spesso anche strumentalmente – quella islamica, e con essa una libertà e una possibilità di una vita che le terre di provenienza negavano ferocemente. Ci si fa turchi per sfuggire alla legge che dice «chi nasce povero deve morire povero», ci si fa turchi per amore, per una piccola porzione di tolleranza (l’omosessualità, oggi combattuta dall’Islam quasi ovunque, era allora di fatto tollerata).

I corsari delle veloci navi armate di Algeri assaltano, scannano, stuprano, razziano poi dividono quei beni con i loro armatori e il sultano di Costantinopoli. Il Mediterraneo è uno spazio di guerre, di astuzie e di uomini fatti schiavi. Quando inizia la storia scritta da Carlotto, narrata dalla voce di Reduane, un’immensa flotta imperiale di Carlo V si è appena schierata di fronte al porto di Algeri; i corsari, i rinnegati, com’erano noti allora, sanno che dovranno combattere non solo per poter continuare ad assaltare le navi e a farne il loro bottino di guerra, ma anche per preservare libertà impensabili altrove. Redouane e Othmane sono amanti, anzi di più: sono una sorta di coppia di fatto ante litteram, vivono nella stessa casa, hanno una loro servitù, e come loro ce ne sono tanti altri.

Non sempre il corso della storia avanza per il meglio, nelle pieghe di ogni epoca passata sembra esserci qualcosa che si è perso, qualche barlume di speranza per il nostro presente. Cristiani di Allah, oltre ad essere un noir storico, un viaggio sull’identità multipla del Mediterraneo – e una storia d’amore, di gelosia e vendetta – è anche una mappatura completa del potere in quel periodo della storia: vi si accenna alle condizioni della Sardegna, del sud dell’Italia, di Venezia, dei Balcani, della Francia e della Spagna e ai primi racconti sul Nuovo Mondo. I principali personaggi del romanzo – insieme alla coppia corsara, anche Lucia, una cantante veneziana fatta prigioniera e venduta al mercato degli schiavi – si muovono in un contesto storico molto credibile, approntato anche con l’aiuto del saggio di Bartolomé e Lucile Benassar, I cristiani di Allah, tradotto nel 1991 dal compianto Sergio Atzeni, studio rifinito in seguito dopo le visite alla città di Algeri e alla sua cittadella.

Al libro è accluso un godibile cd musicale firmato da Maurizio Camardi e Mauro Palmas (con la bella voce di Patrizia Laquidara), una sorta di anticipo dello spettacolo che in concomitanza con l’uscita del libro, Carlotto, ormai scrittore performer sta portando in giro per l’Italia.