I libri di storia registrano il 1861 come l'anno dell'Unità d'Italia. Ma se andassimo a sfogliare le pagine dei giornali di quei mesi, oltre che dagli importanti eventi di politica nazionale, ne troveranno molte occupate dalle cronache del processo al milanese Antonio Boggia, uno dei primi serial-killer scoperti, indagati e infine giustiziati di cui ci siano giunte notizie documentate.
Alberto Paleari ne ripercorre in chiave narrativa la singolare vicenda nel suo ultimo libro, L'estro del male (edizioni e/o). Il titolo deriva da una dichiarazione rilasciata dall'imputato nel dibattimento per le accuse di quadruplice omicidio (oltre a un altro tentato omicidio, fortunatamente non andato a segno, una truffa e una tentata truffa): «Successe che alla mattina discorremmo della guerra. Contrastavamo tra noi: vincevano i tedeschi, i francesi o i piemontesi? Eravamo presso il piccolo uscio che mette nel solaio, ch'ella teneva per suo uso. C'era una scure e una sega. Lì mi altò un estro: d'un tratto presi la scure e la vibrai con tutta la forza sulla testa della Perrocchio».
Nelle prime pagine del romanzo il lettore fa conoscenza del Broggio nelle battute finali della sua vicenda umana e criminale. Ci troviamo infatti a sentenza pronunciata nella cella in cui il condannato è in attesa dell'impiccagione. Al boia chiederà una grazia, quella di non farlo soffrire troppo. Proprio lui che ha ucciso barbaramente, per motivi abietti, tutte quelle persone. Paleari ripercorre poi in flashback tutta la vita del suo protagonista, a partire dagli anni dell'infanzia, quando già esercitava il proprio crudele sadismo sugli animali. Si tratta di andare a scoprire le radici di una tara psichica che, unita a una certa dose di furfanteria, lo porterà a delitti. Delitti per diverso tempo nascosti sotto l'apparente perbenismo di una vita rispettabile, fatta di lavoro, famiglia, religione. Questa l'immagine del "mostro della stretta Bagnera", assassino, tra il 1849 e il 1859, di tre uomini e una donna, tutti uccisi con una scure, poi squartati, seppelliti e derubati dei loro patrimoni.
L'operazione condotta da Paleari è molto suggestiva nel metodo e nei risultati. Partendo dalle cronache e dai documenti giunti sino a noi, l'autore ne ha tratto un vero e proprio "romanzo criminale" ottocentesco, capace di rendere efficacemente l'immagine di un'epoca. Dove non arriva la documentazione d'archivio, supplisce la fantasia del romanziere, particolarmente attento a tracciare il ritratto psicologico del suo personaggio.