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Sfidare una malattia con la forza della paura

Autore: Veronica Meddi
Testata: Il Tempo
Data: 17 febbraio 2014

C’era una volta una bambina che non voleva più piangere. Inventava vite, indossava maschere per proteggere sé, e da sé gli altri. Poi il buio, il giorno dopo il 560 di glucosio nel sangue, e tutto cambia. Il suo compagno di viaggio, da quel momento in poi, è il diabete. Niente più coca-cola, dolci, niente pizza e cioccolata: l'undicesimo comandamento è di «non sgarrare», pena la vita. «È un non tempo». E gli strumenti inventati dall'uomo non sono certo in grado di misurare quelli biologici, quelli dell'istinto di sopravvivenza. Stanchezza infinita per giri infiniti tra medici inespressivi per professionalità e ospedali dall'odore nauseabondo. Occorre acqua, acqua che lava via! Carne violentata da un ago che freddo, inanimato, promette di iniettare la vita. Diciassette milioni e novecentonovantamila volte, e ancora, ancora. «Perché non sono mai riusciti a sintetizzare l'insulina, pillole invece che iniezioni?», forse perché il business nella logica del denaro vince sulle promesse. La vita non cambierà, né in quantità, né in qualità. Chissà se chi parla sa ciò che dice! Inciampa, cade, si rotola, a fatica si rialza, la malattia non può vincere, e Danila Bonito combatte coraggiosa con i suoi «Sogni di marzapane» (Edizioni e/o, pag. 192 euro 16,50) per sé e per chi come lei ha diritto alla dignità. Contro la malattia, contro i sensi di colpa che la divorano. Perché lei è la malata! I suoi cari non devono essere toccati. Per questo oggi è pronta anche a scalare l'Everest, con paura, è vero, e «come si fa a raccontare la paura di aver paura?». C'è un mare di differenza tra il termine «diabetica» e tra la definizione di «persona affetta da diabete». Il malato infatti non è la sua malattia. «Mi vergognavo di essere malata» e qui nella favola si insinua un segreto che va mantenuto tale a difesa della principessa che non vuol certo sentirsi appellare con l'esclamazione convenzionale e salva coscienza di «poverina». Come un funambolo entra e esce dalla realtà, da un organo all'altro, un pezzetto alla volta, e non ha bisogno di reti di protezione per il suo numero spericolato. Lei non è normale, ma la parola «normale» non le è mai piaciuta. Perfezionista al punto tale che tutto sembra lasciato al caso, esercita un controllo sulla sua vita, le sue dirette tv, le calze da indossare. «Traverso la mia anima di una forza che non sempre ho». Chi è malato muore e con forza di volontà resuscita un'infinità di volte. Come uno yo-yo.