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L'innocenza delle caramelle

Autore: Annalena
Testata: Il Foglio
Data: 11 aprile 2014

L’adolescenza arriva a volte come un tradimento. Avevamo fatto un patto e tu adesso chi sei, non ti riconosco più. I genitori sanno che arriveranno i giorni strani, si mettono l’elmetto e aspettano, i fratelli più piccoli invece restano sbigottiti a guardare quella sorella che non fa più le verticali sul letto e si trucca gli occhi come pugni, la sorella per cui adesso siamo invisibili e mocciosi. Dove sei finita, perché non giochi più? Succede anche in “Frozen”, per motivi diversi e più magici: Anna, la sorella piccola, bussa alla porta chiusa di Elsa, con la fiducia dei bambini, le chiede di andare a fare un pupazzo insieme: da quando non ti vedo più mi sento giù, mi manchi molto sai. Ma Elsa non apre quella porta per un sacco di tempo. L’adolescenza è potente e per un po’ separa i mondi: Tennessee Williams, uno dei più importanti drammaturghi americani del Novecento (“Un tram che si chiama desiderio”, “Lo zoo di vetro”, “La gatta sul tetto che scotta”, “Improvvisamente l’estate scorsa”), aveva una sorella più grande di un paio d’anni, Isabel, a cui dedicò il racconto sul cambiamento osservato con gli occhi stupiti di un bambino che si sente all’improvviso gettato sull’altra riva di un fiume (il racconto si trova in una raccolta bellissima intitolata: “L’innocenza delle caramelle” e pubblicata adesso in Italia da e/o). Isabel era diventata grande, da un momento all’altro “e benché, naturalmente, si continuasse ad abitare nella stessa casa, sembrava che lei fosse andata a fare un viaggio rimanendo allo stesso tempo invisibile”. Tennessee Williams avrà avuto undici anni e sentiva che quella ragazza che fino a ieri correva con lui a perdifiato in bicicletta, la sua alleata, la sua guida nelle avventure e nella fantasia, l’amica che faceva impallidire al confronto ogni compagno di scuola, adesso avrebbe voluto, di tanto in tanto, tornare nel mondo dell’infanzia e buttarsi di nuovo nel prato, far rimbalzare una palla di gomma, ma qualcosa la tratteneva, e la trattenevano anche le donne grandi di casa, che le avevano già dato il benvenuto commosso sull’altra riva del fiume. Lui non poteva più nemmeno entrare in camera sua senza bussare. “Tutte queste norme mi colpivano come cose meschine, stupide e perverse, e il male che mi facevano mi rinchiudeva in me stesso”. Isabel diventava bellissima, cambiava modo di camminare, teneva le braccia strette ai fianchi invece di gettarle all’infuori, era all’improvviso un’estranea, era come se qualcuno avesse illuminato una stanza in cui lui non poteva entrare. Non si capisce nulla, ma si avverte una cosa misteriosa, segreta, che cambia i contorni delle giornate, si nota quella bellezza che non si aveva mai notato prima, ci si sente più soli, offesi, tenuti ai margini di un nuovo mondo carico di promesse. “E fu allora, verso quel tempo, che cominciai a trovare la vita come una spiegazione insoddisfacente di se stessa”, fu allora che cominciò a mettere insieme i blocchi di cose in un modo diverso: Isabel che suonava il pianoforte, sempre peggio, Isabel che sfiorava le mani del giovane che studiava violino, Isabel che prima era raggiante e poi piangeva mentre si incipriava. Si mettono insieme i blocchi per trovare dei significati. E fu quello il momento, poiché la vita e i suoi pochi anni non gli bastavano a spiegare l’adolescenza della sorella, che Tennessee Williams diventò uno scrittore.