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Figlia mia non ti riconosco

Testata: D / La Repubblica
Data: 12 aprile 2014

Si legge in poco più di un'ora, ma ronza a lungo in testa, La serva del signore. È un piccolo libro scritto da Jean-Louis Fournier: narratore, saggista, regista francese che nel 2008 aveva vinto il Prix Femina con Dove andiamo papà?, resoconto autobiografico di un padre che ha due figli handicappati. Evidentemente Fournier non conosce il riserbo letterario, visto che stavolta al centro delle sue pagine c'è l'altra figlia, perduta agli affetti familiari dopo una conversione religiosa. Il padre si professa panteista con tendenze iconoclaste, comunque un dubitante felice d'esser tale. La figlia, dopo un brillante avvio nell'arte grafica, si è trasferita in una casetta sul mare e grazie a Monsignore - un teologo «vestito di nero, stivaletti lucidi e le orecchia a punta come belzebù» - una sera, nel fiammeggiare del tramonto, ha visto Gesù. E nel racconto del padre si è progressivamente trasformata in una bigotta occhiuta e grigia. Proprio lei, che da ragazza era così buffa, spiritosa, affascinante, è diventata autoritaria, dogmatica, incapace di scherzare su se stessa e sulle cose della vita. Priva di ogni curiosità verso chi la pensa diversamente da Monsignore, che l'avrebbe ridotta in uno stato di schiavitù mentale.

Fournier non ha scritto un vero e proprio romanzo, ma una sorta di diario, assieme caustico e dolente. Lui, il padre, si sente vecchio e solo. Ora che anche Sylvie, la sua seconda compagna, è morta, passa i Natali guardando vecchie fotografie della figlia, rileggendo certe sue vecchie missive intrise di humour nero. E proprio non si capacita che quella stessa donna adesso pratichi “l'humour rosa, pastorizzato, con veri pezzi di fragola". Che sia «caduta nel corredino mistico». Che abbiamo dimenticato il sangue e la carne di cui è fatta la vita, per abbandonarsi a una melensa pappa del cuore. «Monsignore ha vinto, l'ha conquistata, le può raccontare quello che vuole, lei ci crede. Se un giorno le rivelasse di essere Dio, lei sarebbe capace di crederci.»

Può essere che una ragazza così brillante, leggera, intelligente, sia diventata preda di tale ottusa e assoluta pesanteur? Mia figlia, grida il padre disperato, dalle pagine del libro, non ha più dubbi, vive nella certezza e nel segreto. «Ha preso gli ordini o è agli ordini?». Eppure, continua lo scrittore, io l'ho amata con tutto me stesso. Magari sarò stato troppo serio e noioso, troppo disincantato e sprezzante. Però una cosa credevo di avergliela insegnata. che la vita è grande, troppo grande per essere imbrigliata in un rigido steccato. E invece me la ritrovo che gioca a far la santa. Imbollazzata in se stessa e in una verità incrollabile che non ammette contraddittorio. Lo so che una figlia non viene messa al mondo per rendere felice un padre. L'importante è che sia felice lei. Ma, appunto, lei è felice?