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Intervista a Piergiorgio Pulixi

Autore: Mirko Giacchetti
Testata: Nero Cafè
Data: 30 aprile 2014

Sub lege Pantheras… Siamo pantere grazie alla legge.

C’è l’Italia buona e l’Italia cattiva, poi c’è un’altra Italia: il paese reale! Purtroppo per noi, viviamo nell’ultimo tipo di paese. Tiriamo a campare sognando il primo, maledicendo il secondo e, come se nulla fosse, prosperiamo all’ombra di contraddizioni macroscopiche, capaci di imbarazzare qualunque cittadino degli altri stati civilizzati presenti nel resto del mondo.

Quest’oggi ho il piacere di dare il benvenuto a Piergiorgio Pulixi sulla home page di Nero Cafè. L’autore di Una brutta storia (2012) e La notte delle pantere (2014), due romanzi nel vero e proprio senso della parola; in entrambi i casi si può riconoscere la capacità di rappresentare personaggi “vivi” e di costruire trame capaci di togliere il fiato anche al lettore più esigente. Il protagonista al centro di tutto è Biagio Mazzeo, un poliziotto corrotto che è allo stesso tempo un agente pluridecorato della narcotici.

In Una brutta storia è a capo di un branco di poliziotti senza legge che combattono il narcotraffico, non in nome della legalità, ma solo per un vantaggioso tornaconto personale. Controllano le strade e impongono il loro volere sino a quando il cadavere di un ceceno complica ogni cosa. Ma la minaccia dall’est non è l’unico problema per Biagio e i suoi compari, poiché il vicequestore aggiunto Valerio Bucciarelli cerca di inchiodarli per le loro responsabilità criminali. La situazione precipita e si evolve in una guerra senza quartiere in cui Mazzeo dovrà rispondere colpo su colpo.

Ne La notte delle pantere, la guerra non è ancora finita. Sono ancora sotto attacco, ma il nemico cambia volto e devono affrontare l’evolversi degli eventi, tra cui il furto di una grossa partita di cocaina alla ‘ndrangheta e l’ostinazione dell’ispettore capo della omicidi Andrea Claudetti a volerli far finire tutti dietro alle sbarre. Irene Piscitelli, dirigente del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, nuova e improbabile alleata, offre a Mazzeo una possibilità di uscire dai guai, ma è una missione suicida in cui c’è in ballo molto di più del semplice distintivo.

M: Allora, Piergiorgio, prima di tuffarci nel vivo de La notte delle pantere, cerchiamo di conoscerci meglio. Vuoi presentarti, dire chi sei?

P: Ciao e grazie per avermi ospitato qui. Sono un modesto artigiano della parola che cerca di fare il suo lavoro nel miglior modo possibile. Non mi ritengo uno scrittore, ma un romanziere d’intrattenimento. Cerco di dare il massimo, dando al lettore delle opere dove noir, azione, thriller, tragedia ed epica, si fondono in qualcosa di nuovo, in una narrazione circolare ed emozionale, che possa rapire il lettore e regalargli delle ore di puro thrilling. Su di me, basta dire che sono nato a Cagliari, al momento vivo a Londra, e il mio maestro è Massimo Carlotto: sono cresciuto nella sua scuola in itinere, il Collettivo Sabot, che è la mia seconda casa. Nel nostro piccolo cerchiamo di portare avanti le lezioni del Maestro del noir mediterraneo.

M: La tua è una scrittura netta, non appesantita da inutili fronzoli e capace di centrare il bersaglio, ma questo non significa che scivoli sulla superficie degli eventi; nel bene e nel male, metti a nudo l’anima dei tuoi personaggi facendoli conoscere nel profondo e riesci a imprimere un ritmo ben preciso alle tue storie. A questo punto scatta il paragone con la settima arte. Quanto de La notte delle pantere deve al cinema e quali sono state le opere a cui ti sei ispirato? Per via delle prove che sono obbligati ad affrontare e per la profondità con cui rappresenti la psiche dei vari protagonisti, la storia ha un che di “epico”. Per la serie “non solo cinema”, hai dei riferimenti moderni ma hai fatto tua anche la lezione dei classici, vero?

P: Sì, questa è una serie poliziesca che scardina un po’ i canoni classici della serialità di genere, con romanzi legati intimamente l’uno con l’altro, dove le conseguenze rimbalzano da un libro all’altro. Per esempio La notte delle pantere inizia esattamente dove finisce Una brutta storia, e in un certo senso è come se fosse un romanzo unico, anzi non solo questi due, ma tutti gli episodi della saga che verranno. Ovviamente questo tipo di serialità è ispirato al modello delle serie tv di ultima generazione, e qui l’elenco sarebbe infinito… The Shield, Sons of Anarchy, I Soprano, Vikings, Dexter, etc. Penso che il lettore stia esplorando territori nuovi a livello di narrazioni, e noi scrittori dobbiamo adeguarci ai tempi, che in realtà significa tornare alle lezioni di Dickens, Dumas, e Victor Hugo, con quei romanzi d’appendice che hanno fatto storia e stragi di lettori.

M: Come ho già scritto, Biagio Mazzeo è sia un poliziotto corrotto che un agente pluridecorato della narcotici e in questo rappresenta molto bene la classica contraddizione del “bel paese”, dove ogni cosa cambia a seconda del punto di vista. Non si tratta comunque di un personaggio costruito sulle dissolvenze o nei riflessi di complicati giochi di specchi ma è un vero e proprio leader carismatico. Nelle pagine di Una brutta storia, il branco è una estensione della sua volontà che, nel tentativo di opporsi all’ambizione e alle strategie del “Lupo” Sergej Ivankov, affronta il nemico in campo aperto, poi qualcosa cambia dopo questo incontro/scontro. Ne La notte delle pantere, Biagio è un uomo che sceglie di opporsi da solo alla ‘ndrangheta. Immagino che in questo cambiamento non ci sia soltanto un’esigenza narrativa, ma una vera e propria crescita del personaggio. Non temere, la domanda è molto più semplice della premessa: da dove nasce Biagio Mazzeo e, nella realtà, uomini come lui sono un male necessario?

P: Biagio è un uomo estremamente complesso. È ambiguo, cinico e pragmatico, ma è anche un leader e un amico molto fedele, che darebbe la vita per i suoi uomini. Al tempo stesso è mosso da un’ambizione sfrenata che lo mette costantemente nei casini. È un uomo perennemente insoddisfatto, che azzanna la vita, la sbrana, vorrebbe avere tutto e di più, e se non può, fa di tutto per prenderselo. È un uomo violento, passionale, istintivo, questo almeno nel primo romanzo… L’incontro col mafioso ceceno, Ivankov, in Una brutta storia, lo scuote completamente, cambiandolo, facendogli rimettere in gioco valori come amicizia, amore, potere, e odio: Sergej incarna la freddezza, la ferocia, e l’amoralità che un leader deve avere. Mazzeo vorrebbe diventare come lui sebbene non ne abbia le caratteristiche psicologiche; questo dissidio interiore lo porterà a maturare una nuova consapevolezza che esploderà con tutte le sue conseguenze nel terzo episodio della serie… Uomini come Mazzeo esistono, è inutile negarlo. Alcuni suoi tratti sono ovviamente esasperati, però siamo noi, come società, a creare questo tipo di persone, questi “mostri”, e sempre noi a volte li usiamo per fare il lavoro sporco che nessun altro vuole fare, lavandocene le mani.

M: Nel primo capitolo la strategia più efficace è un attacco frontale ai diversi nemici, ma ora tutto cambia e diventa meno definito; Biagio è costretto a giocare una partita in cui in palio c’è la salvezza, sua e del branco, e stringe un patto con alcune istituzioni non proprio deviate, ma che sicuramente hanno perso di vista il loro obiettivo primario. La solitudine del capitano insegna che la responsabilità non si condivide e il potere non è solo una questione di conquiste e vittorie, ma può facilmente trasformarsi in una serie di inganni e sotterfugi per il raggiungimento del proprio fine. Tu e io non possiamo avere una certezza di cosa accade dietro le quinte, né siamo in grado di ricostruire l’esatto contorno delle ombre dello Stato e i meccanismi della criminalità organizzata, ma è chiaro che i tuoi romanzi non sono solo “intrattenimento”, poiché rispecchiano molto l’attualità, sei d’accordo?

P: L’intrattenimento è primario, nel senso che io rimango comunque un romanziere commerciale, popolare, che cerca di far emozionare, divertire e intrattenere il lettore. Se però posso raggiungere questo obiettivo inserendo forte dosi di realtà e di cronaca che – come valore aggiunto – diano più verosimiglianza alla storia, costringendo il lettore a porsi delle domande scomode… perché no? Come lettore e come autore noto che in giro c’é un gran bisogno di raccontarsi in faccia le cose come stanno. In un mondo dove tutti mentono, noi cerchiamo di raccontare delle verità scomode con “bugie” estremamente ben costruite. Con noi mi riferisco ai fratelli Sabot e ai colleghi della Collana Sabot-Age che ospita le pantere.

M: Alla fine de La notte delle pantere sembra essere arrivato il sereno, ma passata la tempesta se ne profila una nuova all’orizzonte. Quando potremo leggere il nuovo capitolo e vorresti parlarci anche delle altre opere di prossima pubblicazione?

P: In queste settimane sto chiudendo il terzo capitolo della saga di Mazzeo che uscirà nel 2015. È un romanzo dove la resa dei conti continua, sebbene sia un romanzo di transizione della saga, che prepara al quarto capitolo dove davvero tutto cambierà, e i personaggi verranno rimessi in gioco completamente… A fine Maggio di quest’anno uscirà per Rizzoli un noir epico ambientato in Spagna, stile “Il potere del cane” nato da un’idea di Stefano Cosmo (un elemento del Collettivo) e poi portato a compimento come romanzo Sabot da Stefano, Ciro Auriemma e me. È un romanzo a cui tengo parecchio, con personaggi a me molto cari… A Novembre uscirà un mio romanzo per E/O che esula dalla serie di Mazzeo e affronta un tema molto attuale, sebbene sia ancora presto per parlarne. Il 2015 vedrà il ritorno di Biagio e l’arrivo di una nuova saga, sempre poliziesca, ma questa volta con elementi più trhiller che noir, con un personaggio altrettanto complesso e carismatico.

M: Grazie ancora della cortesia e a nome di tutta la redazione di Nero Cafè ti auguriamo una buona scrittura!

P: Grazie mille a voi.