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Com'è difficile scrivere i bei gialli di una volta

Autore: Annarita Briganti
Testata: la Repubblica Sera
Data: 28 maggio 2014

Il Noir è morto, evviva il Noir. Succede che intervistando allo scorso Salone del Libro un maestro del genere, Massimo Carlotto, sul suo nuovo romanzo Il mondo non mi deve nulla (e/o), lui ti dica che c'è una grande confusione sotto il cielo dei noiristi/giallisti/thrilleristi: «Credono tutti di scrivere noir, ma non è così. È un format un po' vecchio e in crisi, concentrato su un modello sociale che non esiste». Tradotto senza la diplomazia carlottiana: non è che questi autori resi famosi dai serial killer e dai commissari, bestselleristi che si sporcano di sangue le mani sulla tastiera inventando delitti e castighi, si siano persi nel loro ombelico e, in alcuni casi, nella loro sovrapproduzione? A furia di scrivere di vittime e carnefici, di trasporli per la televisione, di andare in classifica anche con testi prodotti con la mano sinistra, il noir non rischia di chiudersi in una torre d'avorio, abdicando alla sua funzione primaria ovvero raccontare la realtà attuale? [...]
È anche una questione di aspettative, ci ricorda Elisabetta Bucciarelli, noirista di gran classe pubblicata dalla e/o di Carlotto, nella giuria del Premio Azzeccagarbugli al romanzo poliziesco, che quest'anno compie dieci anni: «C'erano aspettative troppo alte verso il noir, che sono andate deluse. Questo genere ha preso lo spazio vuoto lasciato dalla crisi del giornalismo d'inchiesta, romanzando vicende delittuose realmente accadute, ma poi si è fatto contaminare dal giallo, dal mistery, dallo stesso poliziesco. Dovrebbe tornare ad essere più "nero" quindi più vero, ritrovando quella vena malinconica che lo rendeva unico».
Appurato che il noir non sta benissimo, di chi è la colpa e quali sono magari le soluzioni? Torniamo a Carlotto, che se la prende anche con i giornalisti: «Il primo a pagare l'inflazione noiristica è il lettore, che non capisce più niente, non sa cosa leggere. Manca una guida agli autori italiani e stranieri. Un tempo se ne occupavano la critica, che ormai ha abdicato al suo ruolo, e l'Università. Ultimamente preferisco il teatro alla scrittura, lì si lavora sulle emozioni». [...]