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Lothar, nostalgia della Grande Vienna

Autore: Marino Freschi
Testata: Il Mattino
Data: 1 agosto 2014

Tra i numerosi romanzieri della Grande Vìenna, quella di Mahler, Schonberg, Freud, Wìttgenstein, Schnitzler, Hofmannsthal, Zweig, Roth(ma non dimentichiamo di Hitler), è ancor oggi poco noto Ernst Lothar: nato a Briinn, l'attuale Brno, nel 1890 in una famiglia della borghesia ebraica di lingua tedesca, che si trasferì alla fine del secolo a Vienna, che divenne così la vera patria dello scrittore. Il padre, con l'autorità della sua funzione in famiglia e in società, volle che il figlio si laureasse anche lui in giurisprudenza. E infatti Ernst Lothar (il cui vero nome era Lothar Ernst Milller) esercitò brevemente la professione per poi entrare nell'amministrazione statale con incarichi di prestigio.
Ma «passione predominante» era la scrittura, con il suo esordio nella lirica già a vent'anni, per proseguire nel romanzo con numerose prove di rilievo come la trilogia Potere su tutti gli uomini (1921-1925), che incontrò un notevole successo sicché l'autore decise di lasciare il servizio statale per dedicarsi alla scrittura e impegnarsi nell'attività teatrale, lavorando prima al Burgtheater e poi al Theater in der Josephstadt quale successore di Max Reinhardt. In questa scelta coraggiosa gli fu complice e e compagno di via Stefan Zweig, che è l'autore cui si sentì legato per l'analoga sensibilità narrativa, oscillante tra la narrativa psicologica, intimamente freudiana, e la nostalgica rievocazione della grande tradizione asburgica, sulla scia di Joseph Roth. La sua casa alla Kochgasse divenne un luogo d'incontro per i protagonisti di quell'intensa stagione letteraria: ospiti fissi furono Braeh, Musil, Roth, Werfel e Zweig. E Lothar li seguì anche nell'esilio, quando l'Austria venne annessa al Terzo Reich. Ma a differenza di Roth e di Zweig, Lothar riuscì a reagire emigrando negli Stati Uniti, dove scrisse il suo libro più bello The angel with the trumpet, pubblicato dapprima in inglese, nel 1944, poi in tedesco sempre in America. Il romanzo narra, come dice il sottotitolo, la storia di una casa, ovvero di una famiglia dell'agiata borghesia viennese,legata per testamento a un edificio nel centro della capitale asburgica. Il racconto, che va dalla morte dell'erede al trono Rodolfo all'annessione nazista, è uno spaccato drammatico della tragedia dell'Austria, vista dalla prospettiva della famiglia Alt, caratteristica per la cultura viennese, poiché i suoi membri erano da generazioni impegnati a produrre pianoforti chiamati per la loro perfezione "la melodia di Vienna", da cui proviene il felice titolo della nuova edizione italiana di E/O (tr. Marina Bistolfi  pp. 607, euro 18), mentre il titolo tedesco, L'angelo musicante, (cui si rifaceva la prima edizione italiana) richiama il simbolo della chiave di volta della casa che rappresentava quella figura. Quella pietra simbolica ricorda un'analoga iscrizione sul frontone della ben più famosa casa dei Buddenbrook di Thomas Mann. Il successo arrise definitivamente al romanzo con la trasposizione filmica del 1948 per la regia di Karl Hartl.
Intanto l'autore era tornato a Vìenna: lavorava per l'americano Office ofW ar Information con la delega alla «denazificazione» nel teatro e nella musica. Tra gli indagati più in vista vi fu Herbert von Karajan, per i suoi problematici trascorsi. Lothar era infatti uno dei rappresentanti più convinti della simbiosi ebraico-tedesca che trova nel romanzo una suggestiva raffigurazione in Henriette Stein, figlia di un intellettuale ebreo, che sposa uno dei membri della famiglia Alt, cattolica e tradizionalista. Un matrimonio accettato da Henriette per sfuggire a un oscuro ricatto, come pure per dimenticare il suo impossibile innamoramento per Rodolfo, il pretendente al trono. Il matrimonio avviene proprio il giorno del suicidio del giovane Asburgo e segna il destino infelice della donna, nonché esalta l'intreccio, talvolta sforzato, tra cronaca familiare e la grande storia. E le sofferte vicissitudini della famiglia Alt scorrono parallele alla tragedia dell'Austria con il dramma della Prima Guerra mondiale, il crollo della dinastia degli Asburgo e quindi con l'ascesa al potere dei nazisti, provocata dalla vigliaccheria della maggioranza degl austriaci.
Come in Roth, Lothar accentua la polemica tra austriaci e tedeschi, approfondendo la diversità tra l'homo austriaco e l'homo germanicus. E sempre come Roth, anche per Lothar la grandezza dell'Austria è nel mito, allora inattuale, di un'Austria, investita della missione di testimoniare la possibilità di una «Supernazione», naufragata proprio per la generalizzata incapacità degli austriaci, mentre antropologicamente lasimpatiadell'autoreèperquelprogetto di sobria autenticità umana, raffigurato dal musiliano Uomo senza qualità, incarnato dall'ultimo esponente della famiglia Alt.