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La malinconia accompagna la storia di due fratelli, Pepin e Franzin, raccontata da Bohumil Hrabal.

Autore: Antonella Gigantino
Testata: Scene contemporanee
Data: 3 settembre 2014

La cittadina dove il tempo si è fermato, di Bohumil Hrabal, èNymburk, in Boemia. Al lettore dice poco o nulla. Sappiamo tutto di Praga, nulla o quasi delle città intorno. Ma se sei un grande scrittore – e Hrabal lo era (il più grande autore ceco dell’ultimo mezzo secolo, morto probabilmente suicida durante un ricovero per una lieve malattia in ospedale nel 1997, a 83 anni) – qualsiasi buco sulla faccia della terra diventa interessante per il lettore. Perché, come accade in questo romanzo, bastano pochi segni di vita e il paesaggio si anima. E se la voce narrante ti lascia senza fiato perché il suo sembra non finire mai e non avere nemmeno bisogno di pause, se il suo malandrino candore ti rapisce, allora anche un cimitero e la sacrestia diventano luoghi divertenti.

In questo scritto autobiografico il fulcro della storia, su un primo piano di lettura, sono due fratelli, Pepin e Franzin, vissuti in questa cittadina della Boemia negli anni Quaranta, il primo eccentrico e divertente, il secondo più serio ed equilibrato. La narrazione, incentrata più su sensazioni che su descrizioni di fatti reali, è puntuale pur non avendo un riferimento concreto nello svolgersi della trama. Il flusso della scrittura non ha un vero e proprio centro, lo scrittore si lascia trasportare dall'emozione generando, a dire il vero, qualche bonaria confusione. Il secondo piano di lettura, quello più interessante, porta il lettore, attraverso tutta una serie di episodi e di analogie, a crearsi una rappresentazione generale sia dello stile di vita del tempo, sia delle difficoltà che derivano dalla povertà e dallo sfruttamento delle classi più disagiate.

Ecco allora che episodi come quello del vecchio cavallo di famiglia che viene condotto al macello mentre al cocchiere vengono dati tre giorni di permesso, per lutto come se a morire fosse una persona, finisce con l’assumere un significato più profondo; così come la ripetitività con cui verso la fine del romanzo a Pepin viene fatta riempire la botte d’acqua o gonfiare la camera d’aria del camion, sta ad indicare una visione malinconica della vita che è presente in tutti gli scritti di Hrabal. «E papà stava lì a guardare e vedeva che i lavori di smantellamento del cimitero non li eseguivano persone del tempo nuovo, forse loro li avevano solo disposti, i lavori li facevano persone che conosceva fin da quando si era trasferito nella cittadina dove il tempo si è fermato».