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Austria caput mundi: firmato Ernst Lothar Una grande casa, intrighi, passioni e guerre

Autore: Salvatore Lo Iacono
Testata: A Sud'Europa
Data: 21 luglio 2014

Ernst Lothar sembra un perfetto, comunissimo, nome de piume teutonico. Lo adottò il regista, scrittore e critico teatrale nato in suolo ceco Ernest Lothar Sigismund Mi.iller che decise di omettere il cognome e il terzo nome, mantenendo i primi due. Nel quarantennale della sua scomparsa l'eco del suo lavoro non si è affievolita, anzi c'è chi soffia meritoriamente sulla cenere o sulla ... polvere. La sua opera più importante, "L'angelo musicante", si trova a prezzi stracciati su Ebay o siti simili, in vecchie edizioni anni Ottanta targate Mondadori o Club degli Editori, magari anche con qualche macchia d'umidità. Meglio lasciare stare queste transazioni sul web, recarsi in libreria e appropriarsi di un volumone (l'originale è degli anni Quaranta e solo dopo due decenni) che le edizioni e/o dedicano a chi ama le buone letture e ha chi ha un po' più di tempo nel corso delle vacanze estive. "L'angelo musicante", nella nuova bella traduzione di Marina Bistolfi, è diventato "La melodia di Vienna" (605 pagine, 18 euro); è nelle librerie da circa un mese ed è uno dei titoli più belli della collana "Gli intramontabili" (curata dal palermitano Giulio Passerini) che, in meno di un anno, ha regalato alcuni titoli che erano finiti fuori catalogo da tempo o che addirittura non erano mai stati tradotti. Non un'operazione retrò, ma nella convinzione che sia la qualità a pagare e che «la grande letteratura debba durare nel tempo». La vita di Ernst Lothar è stata avventurosa e segnata inevitabilmente dalle origini ebraiche: funzionario ministeriale, amico di Stefan Zweig, in contatto con giganti del calibro di Joseph Roth e Robert Musil, ben presto si dedicò all'attività letteraria e alla promozione culturale, promuovendo fra gli altri il Festival di Salisburgo, ancora oggi fiore all'occhiello del mondo culturale austriaco, e dirigendo alcuni teatri. Nel 1938 I'Anschluss, l'annessione dell'Austria alla Germania, gli segnò la vita: in una Vienna in mano ai nazisti non avrebbe potuto vivere a lungo e riparò prima in Svizzera, poi in Francia e successivamente negli Stati Uniti. Da cittadino americano tornò in Austria solo qualche anno dopo la fine del secondo conflitto mondiale, per contribuire alla "denazificazione" in ambito teatrale e culturale. Restò a vivere in patria, dove portò avanti un lungo e tenace lavoro di recupero della memoria migliore della cultura nazionale e conobbe anche un certo successo, prima di morire nel 1974. Riassumere la trama de "La melodia di Vienna" sarebbe un esercizio di stile, e non funzionerebbe: è un romanzone da leggere, senza anticipazioni. Dire, però, quale è il nocciolo della questione, può servire e incuriosire. Il romanzo di Lothar è un'accorata rievocazione dell'antico spirito austriaco dalla prima all 'ultima pagina, dall'esergo di Franz Grillparzer («Se gli austriaci sapessero meglio cosa è l'Austria sarebbero austriaci migliori; se il mondo sapesse meglio cosa è l'Austria sarebbe un mondo migliore») alla postfazione di Lothar per l'edizione apparsa in patria una cinquantina d'anni fa ( « ... è forse giunto il momento di offrire agli austriaci questo quadro destinato originariamente ai non austriaci, indicando loro i fondamenti dell'eternità austriaca. Essi si chiameranno per sempre: Giuseppe Il, ovvero la religione della tolleranza; Mozart, ovvero i cieli del sentimento; il Wienerwald, ovvero la salvezza derivante dalla grazia»). L'antico spirito austriaco è ricreato attraverso memorabili figure di tre diverse generazioni della famiglia Alt via via coinvolte nel declino della monarchia austroungarica e negli sconvolgimenti sociali che si susseguono dalla fine del diciannovesimo secolo alla seconda guerra mondiale. Inevitabile e un po' didascalico l'accostamento ai "Buddenbrook" di Mann, meno immediato ma forse ancor più valido quello all'inesorabile declino della famiglia Forsyte, protagonisti di una saga composta da un ciclo di romanzi ambientati in Inghilterra, scritti dal Nobel Galsworthy. La voce è quella dell'affabulatore, le vicende narrate si nutrono di sentimenti contrastanti, di amori e inganni, di tradimenti e intrighi, all'ombra di una grande casa, come in ogni saga che si rispetti. L'abitazione della dinastia degli Alt-costruttori di pianoforti fin dal diciottesimo secolo - ne vede di tutti i colori, dal capostipite Christoph allo zio magistrato Otto, alla burbera zia Sophie, che non vede di buon occhio le nozze del nipote Franz con la giovane ebrea Henriette, che in effetti lo tradirà parecchio prima di capire i sentimenti del consorte ...