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Quel braccialetto sottratto alle razzie nel ghetto di Roma

Autore: Titti Marrone
Testata: Il mattino
Data: 15 settembre 2014

Milena Gabanelli e Giovanna Boursier hanno scoperto che in Italia ancora vige il singolare divieto, per le società d'ingegneria, di lavorare per imprenditori privati. Si tratta di un residuo della legislazione razziale fascista: si voleva evitare che gli ebrei si celassero dietro società formate da gruppi di professionisti. È una circostanza su cui fa bene riflettere leggendo Il braccialetto di Lia Levi (edizioni e/o, pagg. 135, euro 15). Magari al contrario, cioè cominciando dall'appendice della storica AnnaFoa. Lì si spiega l'importanza dell'apertura degli archivi di Pio XII per fare piena luce sulle posizioni del Vaticano sulle leggi razziali. Un mese dopo la caduta del fascismo, da un carteggio solo in parte disponibile si legge che quel corpus legislativo, per la Chiesa, «ha bensì disposizioni che vanno abrogate, ma ne contiene pure altre meritevoli di conferma». Se poi si passa all'intensa storia raccontata dalla Levi, si comprende quanto importante sarebbe stata un'inequivocabile condanna della persecuzione sancita per legge. Se poi il Vaticano si fosse spinto subito a chiedere a Badoglio l'abrogazione delle leggi razziali, sarebbe stato un segnale importante da far arrivare ai tedeschi e forse avrebbe potuto frenarli nella razzia del ghetto di Roma, il16 ottobre.
L'antefatto di quel che invece accadde viene raccontato da Lia Levi in quest'ultimo romanzo, con la consueta scrittura emozionante e insieme essenziale. Si parte dai giorni successivi al25luglio, si finisce il16 ottobre, ma della retata che strappò aRoma 1024 persone avviandole al lager si avverte solo il rumore di fondo. Filo di Arianna della narrazione è Corrado, impaziente nei suoi 16 anni, subito sceso in strada ad abbattere simboli littori e grattare dai muri slogan fascisti. L'urgenza giovanile di entrare a pieno titolo nella vita lo rende fiducioso in una cancellazione delle leggi che hanno privato il padre del lavoro, costretto gli ebrei a stare nascosti, obbligato lui a ritirarsi dal ginnasio. Corrado s'immerge nella nuova libertà, certo che per l'imminente anno scolastico andrà al liceo Visconti come tutti, come l'amico Leandro, che gli invidia la condizione di ebreo. A fargli da contraltare il padre e la madre, agli occhi del figlio impauriti «clandestini della vita». Lo snodo della storia si compie intorno alla sorte di un braccialetto, sottratto alla richiesta tedesca alla comunità di 50 chili d'oro in cambio della vita. La razzia ugualmente compiuta pochi giorni dopo, alla quale Corrado sceglie di non sottrarsi per stare accanto ai genitori, è la triste conferma del punto di vista di quelli che gli apparivano «capaci di affrontare la vita solo con gesti furtivi e ingannatori» e che invece sono solo «ebrei da troppi secoli per poter credere alla polvere di vento».