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Semaforo

Autore: Maria Teresa Carbone
Testata: Alfabeta2
Data: 13 ottobre 2014

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Etnie

Ogni megalopoli del pianeta ha il suo sobborgo esclusivo. Los Angeles ha Beverly Hills, Londra Ascott, Parigi, Neuilly-sur-Seine, Berlino Grunewald. Ville enormi e bellissime, parchi ben curati, automobili costose, immigrati non pervenuti, residenti selezionati. E su come avvenga la selezione dei residenti, l’immancabile guida ha pronto un arsenale di leggende da proporre agli scolaretti in gita con il naso schiacciato contro il vetro del pullman e gli occhi sgranati sulle case di plutocrati e VIP. L’abisso economico fra gitanti e indigeni è, ovunque, immenso. A Mosca lo zoo dei milionari si chiama superstrada Rublëvo-Uspenskoe. Rublëvka. Niente gite, però, da queste parti. Tanto le ville non si vedono comunque, oltre gli altissimi muri di recinzione. Per di più, l’abisso fra gli indigeni e la gente comune in questi paraggi non è solo economico, ma anche culturale. (…) Ricchi e poveri sono due etnie distinte, in Russia. Con culture diverse e diverse – sissignori! – confessioni religiose. La cena di un nobile francese di oggi poco si differenzia dal pasto di un contadino suo compatriota. Vino e formaggio, orientativamente. Vino e formaggio costosi, certo. Ma non dubiterei che qualunque villico di Francia sia in grado di identificare senza indugio le portate sul desco dei signori. In un ristorante della Rublëvka il suo analogo russo non capirebbe metà dei piatti in menu. Che diavolo è il rombo? E il ceviche? Da quando in qua il tartufo è un fungo e non un dolce? Che differenza c’è fra una Belon e una Fine de Claire e, soprattutto, come accidenti fanno a mandarle giù?
Valerij Panjushkin, L’Olimpo di Putin, traduzione di Claudia Zonghetti, E/O 2014 (in libreria dal 14 ottobre), pp. 9-10.

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