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L'arte culinaria

Testata: Che libri
Data: 15 novembre 2008

Il re dei critici gastronomici, colui che ha saputo elevare la prosa applicata alla descrizione del cibo a livello dell’arte, il personaggio capace con una sola frase di distruggere la reputazione di uno chef o di aprirgli le porte del gotha dei cuochi più celebrati, sta morendo. Per tutta la vita è stato un uomo tirannico ed egocentrico, sommamente indifferente verso la devotissima moglie – trattata sempre alla stregua di un bel soprammobile –, freddo con i figli, sprezzante nei confronti di chiunque non riuscisse a mostrarsi alla sua altezza; forse solo il nipote Paul ha saputo entrare nelle sue grazie. Ora, mentre si consumano i suoi ultimi giorni, tutti coloro che lo circondano assistono al suo lento venir meno con differente stato d’animo, ma sempre soggiogati dalla sua ingombrante personalità: la moglie Anna, a lui sottomessa fino alla fine, sente crollare tutto il suo mondo, quel castello di illusioni e speranze mai realizzate su cui si reggeva il suo affetto; i figli bruciano d’odio e d’amore per lui, colpevole di averli trasformati in adulti mediocri e insicuri con la costante negazione della sua stima e della sua considerazione; i colleghi guardano alla sua fine ancora pieni di ammirazione e di un certo timore reverenziale; la grande cuoca che è stata anche sua amante lo ricorda con simpatia, un po’ di rancore e un pizzico di gratitudine; soltanto i suoi animali domestici sembrano solidali fino in fondo con il loro padrone. Ma egli bada poco a tutto questo. Il suo essere è completamente assorbito dal tentativo di recuperare la consapevolezza del sapore archetipico che sta all’origine di tutta la sua carriera e di tutta la sua straordinaria sensibilità per il cibo, l’unico sapore in grado di scatenare l’estasi assoluta delle sue papille gustative e di fondersi in maniera divina con l’essenza stessa del suo essere. Con un’ultima illuminazione lo ritroverà, prima di spegnersi, laddove mai nessuno avrebbe sospettato che potesse annidarsi.

Estasi culinarie è il primo romanzo di Muriel Barbery, scritto alcuni anni prima dello straordinario successo dell’Eleganza del riccio e già pubblicato nel 2001 da Garzanti con il titolo Una golosità, è un piccolo gioiello. La lettura non stanca mai, il filo della narrazione è svolto con delizioso brio e ogni pagina è fonte di nuove sorprese. Nell’alternanza della voce del protagonista e di quella di tutti coloro che gli orbitano intorno e lo vedono morire, vengono definiti con tocco delicatissimo sensazioni e sentimenti contrastanti, aspirazioni e desideri inconciliabili. E per sublime, paradossale ironia, mentre tutti proiettano i loro nobili sentimenti sullo sfondo dei valori eterni dell’etica o ripercorrono la trama infinita e tenace degli affetti, il morente insegue ciò che sembra più futile, ma a ben vedere è l’anima stessa della vitalità: la soddisfazione assoluta dei bisogni del proprio stomaco, l’appagamento di un piacere urgente e vorace che si consuma nell’attimo stesso in cui viene realizzato. E proprio nella riscoperta di quel piacere fugace ma ineguagliabile, in punto di morte egli sperimenta l’impressione di aver conosciuto la vera identità di Dio.