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Massimo Carlotto, La banda degli amanti

Autore: Vito Santoro
Testata: Vitosantoro.net
Data: 23 marzo 2015
URL: http://vitosantoro.net/2015/03/22/massimo-carlotto-la-banda-degli-amanti/

Per festeggiare i suoi venti anni di scrittura – risale al 1995 il suo libro d’esordio Il fuggiasco –Massimo Carlotto ha deciso di riunire in questo suo ultimo romanzo La banda degli amanti i personaggi principali, e più amati, del suo universo narrativo. Si incrociano così le strade e i destini del detective senza licenza Marco Buratti, l’Alligatore, e dei suoi sodali, l’attempato gangster Beniamino Rossini e l’analista Max la Memoria, protagonisti di sei romanzi e di ungraphic novel, con il ferocissimo ‘predatore’ del Nordest Giorgio Pellegrini di Arrivederci amore, ciao e di Alla fine di un giorno noioso, e ancora con l’ispettore di polizia dai metodi spicci e anticonvenzionali (oltre che dall’abbigliamento ‘tamarro’), Giulio Campagna, già visto nei racconti ‘einaudiani’ Morte di un confidente, Little Dreams e La pista di Campagna. Un romanzocross-over, che può essere considerato come una sorta di bilancio del percorso personale e artistico di Carlotto. Infatti ne La banda degli amanti sono presenti tutte le tematiche a lui, a partire dal senso di sconfitta e di disadattamento rispetto all’oggi che pervade coloro che hanno creduto nello spirito rivoluzionario dei movimenti degli anni Settanta e soprattutto dal dominio assoluto e incontrastato del denaro sulla vita, di cui la mercificazione del corpo, specie quello femminile, e la propensione alla violenza sia mentale che fisica sono gli esiti più immediati.

Al centro della nuova indagine dell’Alligatore c’è una “banda degli amanti”, attiva a Padova, specializzata in sequestri lampo a scopo di estorsione ai danni di vittime socialmente agiate, con discrete e soprattutto immediate disponibilità di contanti o di gioielli. Si tratta di persone facilmente ricattabili, obbligate al silenzio: amanti clandestini appunto. Una banda che ha il suo cervello nella raffinata mente criminale di Giorgio Pellegrini. L’uomo, figura non di primo piano degli anni di piombo, grazie alla mancanza di qualsivoglia scrupolo di natura morale (per raggiungere i propri scopi ricatta e uccide) ed alla capacità di porsi in sintonia con le regole del nuovo potere, ha raggiunto una posizione privilegiata in una borghesia fatta da «industriali delocalizzati, professionisti che si occupano di loro con l’abilità di funamboli, politici di basso livello con scritto in fronte “corruttibile”», e poi, commercianti che portano avanti la loro attività con l’usura, spesso accompagnati da commesse atteggiate a escort. Una borghesia che è il perfetto «ritratto di un Veneto parassita, volgare, famelico, eppure ancora profondamente radicato e inestirpabile». In questo contesto Pellegrini si muove come un predatore: ama appropriarsi degli altri, delle loro vite. «Controllarle, esserne padrone, e come tale avere il potere di renderli peggiori, impedire loro di guardarsi allo specchio senza provare ribrezzo». È il simbolo di una criminalità «trasversale a ogni forma di corruzione del potere e delle istituzioni. E nociva».

Pellegrini è dunque l’antitesi di Marco Buratti, altro reduce degli anni di piombo, un ex cantante di blues, militante politico, finito ingiustamente in carcere, che, tornato alla vita ‘normale’, non accetta i principi della società in cui vive e con Max la memoria e Beniamino Rossini, svolge l’attività di investigatore ‘senza licenza’, ossessionato com’è dalla ricerca della verità, quella verità che spesso la giustizia dei tribunali non vede, quella verità che lo fa sentire vivo. Se Pellegrini vive in una dimensione di eterno presente, privo com’è di una sua memoria personale, l’Alligatore, Max e Beniamino sono ossessionati dal passato (non a caso le pagine che li riguardano sono spesso ‘mosse’ da flashback che aggiungono ulteriore pathos alla narrazione). «Abbiamo sempre avuto ragione, eppure abbiamo perso. Perché?», si chiede insistentemente e ossessivamente il ‘ciccione’ Max, il quale non può smettere di interrogarsi, dopo aver dato tanto alla causa del ‘movimento’. È un uomo tradito dai sogni, proprio come Marco, «finito in galera più o meno per sbaglio», per poi farsi una reputazione come «pacificatore», e come il vecchio bandito Rossini, esponente di un mondo criminale ormai estinto, dove vale la parola data e il senso dell’onore, «nulla a che vedere con le merdine che ora infestavano l’ambiente, feroci con i deboli e pronte a vendersi alla prima occasione. Soprattutto alla Legge». Questi moderni ‘samurai’ dalla morale molto forte basata sui valori del sacrificio in nome dell’amicizia e della giustizia, che sembrano usciti da un film di Melville, formano anch’essi una banda degli ‘amanti’, ma nel senso etimologico del termine ‘amante’, che è participio presente di ‛amare’, vale a dire colui che ama, colui che è innamorato. Marco, Max e Beniamino sono “uomini che amano le donne”, a volte disperatamente, le rispettano, anche quando prendono decisioni estreme che fanno “sanguinare il cuore e la mente”. Solo loro possono contrastare Pellegrini, che invece utilizza il corpo delle donne come moneta di scambio per suggellare un affare o per controllare i propri sottoposti o semplicemente per sfogare il suo bisogno di sopraffazione sull’altro.

Forte di un meccanismo narrativo ad ‘orologeria’, favorito da uno stile spoglio ed essenziale funzionale al procedere spedito della vicenda, dove l’estrema drammaticità degli eventi è spesso smussata da una certa dose di ironia – la Dacia verde con cofano arancione scelta da Buratti – e con molti bicchieri di calvados, sospeso tra realismo minuzioso e astrazione geometrica, freddezza e romanticismo, La banda degli amanti alterna nei vari capitoli l’io narrante di Marco e di Giorgio, quasi a dare l’idea di una partita a scacchi tra due uomini che rappresentano altrettanti modelli differenti, e contrapposti, di sopravvivenza in un Nordest ormai travolto da una catastrofe morale, ambientale, antropologica e culturale. Due modelli però che esulano dalla legge e che rappresentano il suicidio della democrazia e dell’istituzione Stato.