Nel 1995 nasceva Marco Buratti, detective atipico in un Nordest stravolto dal malaffare. Carlotto lo rimette in azione, contro il genio criminale Pellegrini
"Non m interessava fare la sua conoscenza. Si era scomodata per propormi un caso. Di solito qualcuno da cercare. Magari la figlia era scappata con lo stalliere o il marito con la cuoca. Segnendo la cicca riflettei sul fatto che una volta nessuno avrebbe preso in considerazione cuoche e cuochi come compagni di fuga. I tempi erano cambiati. Oggi erano delle star e avevano un'opinione su tutto. Presto ce ne saremmo trovato uno alla guida del Paese". Tutto cambia, a velocità tale da portarsi via mondi interi nel frattempo. Dal punto di vista letterario, poi, vent'anni sono una vita. Tanti ne ha compiuti Marco Buratti detto L'Alligatore, investigatore privato senza licenza inventato da Massimo Carlotto. Tornato in azione in La banda degli amanti, giusto in tempo per scontrarsi con l'altra anima letteraria dello scrittore di Padova, Giorgio Pellegrini. L'accoglienza al ritrovato Alligatore è stata ottima: viaggia oltre le ottocentomila copie vendute.
Massimo, vent'anni di vita del suo personaggio più amato e uno scontro titanico con Pellegrini. Era un modo per far pace con i lettori infuriati?
"Beh in effetti c'era chi si lamentava del fatto che da sei anni non usciva niente che riguardasse l'Alligatore. Rieccolo qui e il fatto che si scontri con Pellegrini era inevitabile. Entrambi vivono e agiscono nello stesso territorio, questo crossover anche con un terzo padovano nato dalla mia penna, l'spettore Campagna, permette di parlare del Nordest che continua a essere la cartina di tornasole per capire le modificazioni dell'economia e del rapporto fra imprenditoria e infiltrazioni criminali nel nostro Paese".
"Beh in effetti c'era chi si lamentava del fatto che da sei anni non usciva niente che riguardasse l'Alligatore. Rieccolo qui e il fatto che si scontri con Pellegrini era inevitabile. Entrambi vivono e agiscono nello stesso territorio, questo crossover anche con un terzo padovano nato dalla mia penna, l'spettore Campagna, permette di parlare del Nordest che continua a essere la cartina di tornasole per capire le modificazioni dell'economia e del rapporto fra imprenditoria e infiltrazioni criminali nel nostro Paese".
Se torna al momento in cui nasceva la prima idea dell'Alligatore, che impressioni ha?
"Torno al passato con simpatia e un pizzico di tenerezza. Era una grande scommessa perché si trattava di un personaggio piuttosto diverso dagli altri protagonisti del noir italiano. Pure io ero uno scrittore diverso, certo meno esperto. Ma la fortuna del personaggio dimostra che ce n'era bisogno, soprattutto perché ha permesso di raccontare la realtà italiana e i suoi retroscena che poi si sono imposti negli anni all'interno delle cronache del malaffare".
"Torno al passato con simpatia e un pizzico di tenerezza. Era una grande scommessa perché si trattava di un personaggio piuttosto diverso dagli altri protagonisti del noir italiano. Pure io ero uno scrittore diverso, certo meno esperto. Ma la fortuna del personaggio dimostra che ce n'era bisogno, soprattutto perché ha permesso di raccontare la realtà italiana e i suoi retroscena che poi si sono imposti negli anni all'interno delle cronache del malaffare".
La scrittura in Italia, negli ultimi anni, comincia a risentire positivamente dalla narrazione incisiva delle serie tv americane. E' anche il suo caso?
"Io amo contaminare e anche lasciarmi contaminare dal punto di vista creativo. Il successo di quelle serie è dovuto certamente alla grande qualità ma anche alla nostra scarsità produttiva, a parte casi eclatanti come Gomorra e ora 1992. E' un paradosso, perché abbiamo storie forti e ottimi professionisti che potrebbero fare un gran lavoro di narrazione televisiva. Che si integra perfettamente con quella della scrittura".
"Io amo contaminare e anche lasciarmi contaminare dal punto di vista creativo. Il successo di quelle serie è dovuto certamente alla grande qualità ma anche alla nostra scarsità produttiva, a parte casi eclatanti come Gomorra e ora 1992. E' un paradosso, perché abbiamo storie forti e ottimi professionisti che potrebbero fare un gran lavoro di narrazione televisiva. Che si integra perfettamente con quella della scrittura".
A proposito di 1992, attorno al quale è nata la prevedibile bagarre di pareri discordanti sui social network: che pensa di questa serie tv su Tangentopoli?
"Mi sembra un buon prodotto e bisogna tener conto di quanto sia difficile raccontare l'Italia degli ultimi vent'anni. E' interessante, aspetterei ancora qualche episodio prima di formulare un parere completo sulla serie".
"Mi sembra un buon prodotto e bisogna tener conto di quanto sia difficile raccontare l'Italia degli ultimi vent'anni. E' interessante, aspetterei ancora qualche episodio prima di formulare un parere completo sulla serie".
Il tema sottotraccia che scorre in tutti i suoi libri è quello del tempo che passa, del territorio che perde le radici e del Paese che cambia in modo traumatico.
"La modificazione economica e anche antropologica mi interessa molto. Il noir si presta molto bene a trasfigurarla, facendone risaltare i tratti più problematici. Quello che mi interessa è scandagliare la velocità sempre maggiore con cui avviene il cambiamento".
"La modificazione economica e anche antropologica mi interessa molto. Il noir si presta molto bene a trasfigurarla, facendone risaltare i tratti più problematici. Quello che mi interessa è scandagliare la velocità sempre maggiore con cui avviene il cambiamento".
Una velocità che ci permette ancora di restare umani?
"Fortunatamente sì. Il problema è che non riusciamo a padroneggiarla e a controllarla, con quel che ne scaturisce".
http://spettacoli.tiscali.it/articoli/libri/15/03/carlotto-alligatore-20-anni.html
"Fortunatamente sì. Il problema è che non riusciamo a padroneggiarla e a controllarla, con quel che ne scaturisce".
http://spettacoli.tiscali.it/articoli/libri/15/03/carlotto-alligatore-20-anni.html