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Per Christa Wolf l'utopia non può mai tramontare

Autore: Fulvio Panzeri
Testata: Avvenire
Data: 17 aprile 2015

Per ritornare a discutere su Christa Wolf, sulle contraddizioni e sulla complessità del suo pensiero è utile questo libro che raccoglie una serie di interventi (saggi, discorsi, interviste) che coprono gli ultimi anni di vita della scrittrice, tra il 2000 e il 2011. Emerge una linea di fondo che accomuna i testi diversi, ed è quella che riguarda l'esperienza della scrittura e la sua possibilità di intervenire nell'osservazione critica della realtà contemporanea, con un aspetto che caratterizza l'opera e l'esperienza della Wolf, il suo credere che l'utopia resti sempre un valore fondamentale per l'uomo. Afferma per esempio «invece di una competizione distruttiva io auspico una società solidale. So bene quanto tutto ciò sia considerato ridicolo dai poteri molto influenti come la lobby nucleare». E' un indizio di come la scrittrice considerasse l'utopia una sorta di "necessità vitale" tanto da dichiarare che "la letteratura è di per sè utopica: crea dal nulla una realtà che deve rivelarsi, in quanto realtà nuova, ben solida".
Per lei la letteratura è un atto politico che anche se ha a che fare con il "sè" della persona umana, non può prescindere dal valutarsi nel contesto della propria posizione sociale. In una delle ultime interviste, un anno prima di morire, così poneva la questione della sua necessità di scrittura: «Credete davvero che il compito della letteratura oggi sia quello di isolarsi o di descrivere solo la superficie? Io in ogni caso non potrei scrivere senza seguire "la traccia dei dolori". Scrivere per me è autoanalisi, è affrontare i conflitti. Scrivo per conoscere me stessa, nei limiti del possibile. In questo campo non ci possono essere riguardi".
Nelle interviste e nei saggi Christa Wolf racconta il suo rapporto con la Repubblica democratica tedesca, le polemiche feroci nate dopo la rivelazione della sua breve collaborazione con la Stasi, dalla quale pr decenni le stessa era stata spiata, i dubbi, il senso di spaesamento che la coglie dopo la riunificazione delle due Germanie.
Si tratta, inoltre, di un libro che racconta una serie di incontri, reali o immaginari, con alcuni scrittori tedeschi, a metà tra il saggio critico e il ricordo personale. Colpisce il testo che apre il libro dedicato a Thomas Mann e rivela di come l'abbia colpita la rilettura di Doctor Faustus di Thomas Mann che definisce "una storia magnifica" in cui il diavolo rende il compositore artefice di un'opera geniale, ma a prezzo durissimo, quello di non poter amare. Per la scrittrice questorinvia alla questione sostanziale: qual è il prezzo che un artista paga per la sua opera?
Troviamo anche ricordi di artisti contemporanei, quello di Max Frisch o di Uwe Johnson, al quale dedica un discorso che è "un segno della devozione" tributato al grande scrittore che secondo la Wolf "la faceva riflettere". E da ultimo Gunther Grass, l'autore che in qualche modo più le si avvicina e che lei difende, quando, rivelati i segreti del passato, tutti sono contro di lui. Ma resta, per la scrittrice, "l'impegno costante e il coraggio civile manifestato in questi decenni che ora gli vengono rinfacciati con sarcasmo».