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L’amica geniale (Elena Ferrante)

Testata: Liberi di leggere
Data: 28 aprile 2015

Ebbene sì, ho letto i quattro libri di  Elena Ferrante , quelli che hanno stregato mezzo mondo, quelli che negli Stati Uniti chiamano the Neapolitan novels:    “L’amica geniale”   ,  “Storia del nuovo cognome”, “Storia di chi fugge e di chi resta”, “Storia della bambina perduta” . Tutti e quattro, tutti di seguito. Si è parlato talmente tanto di quest’opera che mi sembra superfluo raccontarne la trama e dare un’altra opinione. Dirò solo che l’autrice in questi quattro libri, che poi sono un racconto fiume di oltre 1.700 pagine (o per alcuni, meno benevoli, una infinita soap opera), segue le due protagoniste Elena e Lila, nate e cresciute in un rione disagiato di Napoli, dall’ infanzia nell’ immediato dopoguerra fino ai giorni nostri. Dirò anche che condivido l’opinione più diffusa tra i lettori, almeno a giudicare dai commenti che ho letto qua e là nel web: “L’amica geniale” è imperdibile; i successivi non deludono, ma fanno fatica a riproporre la forza del primo libro. Nei miei post cerco sempre di far capire ai miei venticinque lettori se un libro possa far per loro, più che dare giudizi personali – per quelli basta leggere i commenti su Amazon. In questo caso per leggere tutti e quattro i libri forse bisogna volerli   leggere  . Vi starete chiedendo se ha senso. Ecco allora cinque motivi per cui vale la pena, secondo me, di buttarsi senza snobismi nella saga della Ferrante. Per r icordare a noi stesse che, sì, ce l’abbiamo fatta.  Questo vale per le donne. Dubito che qualche donna non si riconosca in Elena, Lenù, colei che narra la storia, nel suo rapporto speculare con Lila. Un’ amica geniale l’abbiamo avuta tutte. Quella senza paura, la più intelligente, quella di cui tutti i ragazzi erano innamorati. Ce n’era una in ogni quartiere, in ogni paese, in ogni scuola dove siamo state. Al suo confronto ogni nostra vittoria svaniva. Lei, con incredibile tempismo, era sempre un passo più avanti. Credo che l’adolescenza si possa dire superata solo quando lasciamo andare la nostra amica geniale e impariamo a seguire una strada solo nostra. Come Elena. Pe rché è una storia vera di amicizia femminile, in tutte le sue sfaccettature.   Tra le due protagoniste c’è un attaccamento simbiotico, ma anche competizione e invidia. Pochissima solidarietà. Naturalmente, in mezzo un uomo. Una visione crudele e pessimista di ciò che è l’amicizia femminile. Niente facili lacrime, niente fughe eroiche alla Thelma e Luoise. Niente sconti. E attenzione, nella parte della storia ambientata negli anni Settanta il femminismo influenza non poco l’ andamento della storia. Una contraddizione interessante. Perché è una storia lunga e ha il coraggio di esserlo.   La storia nel suo complesso abbraccia tutta la vita delle due protagoniste e degli altri personaggi. Il racconto non si ferma quando la vita è noiosa e si ripete sempre uguale. A tratti è stato faticoso proseguire nella lettura; io preferisco  libri che mi lascino spazio, che non mi dicano tutto. Ma è successo ciò che di più banale accade leggendo, mi sono affezionata ai personaggi e ho voluto sapere che cosa sarebbe loro accaduto. Perché parla della forza dell’istruzione.   Elena e Lila capiscono, in modi diversi, che per affrancarsi dalla loro situazione devono studiare. Elena lo fa con ferrea disciplina; capisce presto che lo studio rappresenta per lei l’unico modo per andare via dal rione. Lila, a cui la famiglia non permette di andare oltre la licenza elementare, spinta da un’insaziabile desiderio di conoscere si forma da autodidatta risucchiando quello che può dai libri, dall’esperienza, dalle altre persone. Non a caso gli insegnanti sono personaggi importanti, seppur marginali: il meastro che manda avanti la biblioteca al rione, la maestra Oliviero che convince i genitori di Elena a farle proseguire gli studi, la professoressa Galiani che le mostra per la prima volta l’ ambiente a cui potrebbe aspirare. Per riportare il libro al centro della scena.   Non mi dilungherò nemmeno sulla domanda “chi è veramente Elena Ferrante”. Digitate il suo nome su Google e troverete tutte le ipotesi che sono state fatte sull’identità di questa misteriosa scrittrice. Alcune sono state riassunte in  questo articolo su Panorama . Che l’alone di mistero che circonda la Ferrante sia una mossa di marketing o frutto di un vero desiderio di anonimato, non mi importa molto. In un mondo in cui sia lo scrittore blasonato sia il giovane che si autopubblica sono prennemente attivi sui social e in costante promozione, non mi dispiace questa operazione alla  Daft Punk   (scusate l’accostamento) se il risultato è che venga portato al centro il libro. Come scrive la stessa Ferrante, una libro una volta uscito non ha più bisogno dell’autore, ma solo dei lettori. Io ci credo, è uno dei motivi per cui ho aperto questo blog.