Login
Facebook
Twitter
Instagram
Newsletter

Ioanna Karistiani

Autore: Marilia Piccone
Testata: stradanove.it
Data: 21 settembre 2008

Ho incontrato a Mantova, al Festival della Letteratura, la scrittrice greca Ioanna Karistiani e abbiamo parlato con Lei del suo libro che ha per protagonista un vecchio capitano di mare che non scende a terra da dodici anni. Quando le ho detto che anche io vengo da un paese di mare e che era stato il mio sogno- impossibile da realizzare all’epoca- diventare capitano di mare, mi ha risposto che era stato anche il suo, di sogno. Ecco un motivo in più per scrivere questo libro così ‘appassionato’. E mi ha anche detto che- chissà- metterà il mio nome nel prossimo romanzo…

“Il santo della solitudine”, il suo precedente romanzo, e “Le catene del mare” hanno personaggi molto diversi, eppure hanno qualcosa in comune: sono entrambi romanzi di “solitudine”. Perché anche Stella, la protagonista dell’altro romanzo, è molto sola, almeno all’inizio. E gloriosamente solo è Mitsos Avgustis: solitudine essenziale per essere interamente se stessi?

Penso che ci sono molte persone che vivono tra la folla per anni e dentro di sé si sentono soli, hanno passato la vita in solitudine. La solitudine non è una questione di chi si ha intorno, c’è gente sposata che si sente sola. E' personale, ha a che fare con un viaggio interiore, con la colpa, con il rispetto per gli altri, l'avventura umana. Io penso che la solitudine sia benedetta, e che non si dovrebbe avere paura della solitudine, anche se può essere dolorosa. Credo che la solitudine sia la situazione che ci permette di entrare dentro la parte di noi stessi che è essenziale per capire, considerare e riconsiderare. Vorrei poter dire alla gente di non aver paura di essere soli, perché è una situazione preziosa. Io ho sofferto di depressione, dopo però ho scoperto me stessa. La gente pensa che la solitudine si accompagni alla depressione- è vero, ma ci aiuta a capire la vita.

Come è nato questo romanzo di mare, pieno di storie di mare?

Questo libro, come altri miei libri che contengono storie di mare, ha avuto origine nel periodo della depressione di cui ho sofferto. Non riuscivo a dormire e l'unica cosa che mi desse un tocco di consolazione era la lettura delle storie di Papadiamandis- ad esempio la storia che a Natale si devono offrire vittime al mare perché si calmi. Ho scoperto così il mio interesse per il mare, per i marinai, le loro mogli. Ho trovato la mia maniera speciale di scrivere.

Non ci stupisce più leggere un romanzo scritto da una donna con un protagonista maschile, ma chi c’è dietro il capitano cieco? Qualcuno che Lei ha conosciuto? Più persone?

Ci sono più persone dietro Mitsos. Ho incontrato più di 100 capitani e più di 300 marinai con vari incarichi. E' sempre interessante discutere con loro, cercare di capire i silenzi, penetrare il loro sguardo. Eppure, nonostante ci siano parecchie persone dietro Mitsos, dopo aver pubblicato il libro almeno tre persone sono venute a dirmi che si erano riconosciute in lui.

Leggendo “Le catene del mare” abbiamo avuto la sensazione di leggere una versione moderna di un mito greco o una reinterpretazione di figure mitologiche che fanno parte del retaggio culturale greco- Ulisse e Penelope e Telemaco e Teresia. Sono apparizioni inconsce o questi archetipi erano nella sua mente, mentre scriveva il libro?

Non avevo in mente i miti greci, ma la letteratura è piena di ricordi sotterranei che affiorano. Di proposito, però, ho scelto un soggetto con personaggi non giovani. Trovo che sia scorretto il dilagare dei problemi giovanili sui libri, ovunque. Ho provato bisogno di guardare i problemi degli anziani. Ho scelto di proposito dei personaggi con dei problemi nella vita: volevo vedere se potevo portarli a retromarcia- come la retromarcia che Mitsos fa fare alla sua nave- non a una fine violenta, un divorzio, un suicidio. Ho cercato di fare qualcosa di diverso ed è stato difficile perché oggi lettori e scrittori sembrano voler scrivere di quello che non possono provare nella loro vita. Il mio obiettivo invece era quello di smussare i problemi, di riportare insieme persone che avevano sofferto e si erano combattute tra di loro.

Perché ci sono due donne che aspettano, due Penelope? E perché a una delle due ha dato una voce in prima persona?

La mia idea iniziale si centrava sull'amante, solo dopo ho 'fatto' il personaggio della moglie, ma sembrava falsa, come se volessi fare la dea della giustizia e offrire possibilità a tutti. Ho scelto l'amante perché era un personaggio rischioso, poteva guadagnarsi il titolo di zitella e le femministe mi avrebbero ucciso. E invece è una donna molto orgogliosa, perché quando era giovane poteva farsi questa fama di zitella e non le importava. E' appassionata, un po' folle, innamorata di Mitsos e ha preso la decisione di aspettare lui o di restare sola. Una decisione orgogliosa.

Qual è il sentimento dominante, dietro la prolungata lontananza di Mitsos? Sono le catene del mare che lo tengono sulla nave, è l’amore per l’infinito o è la comprensibile umiliazione di tornare vecchio e cieco?

La successione stessa in cui lei elenca le possibilità mostra che le risposte sono tutte collegate tra di loro. Conta molto il fatto che Mitsos alla fine si senta fuorilegge sulla terraferma e legittimato sui flutti, come avviene a tutti quelli che passano la maggior parte della loro vita in mare. Di rinvio in rinvio Mitsos ha passato 58 anni in mare. Sa che sulla terra si perderebbe in un bicchier d'acqua.

Il romanzo lancia anche un altro spunto di pensiero, molto attuale per i tempi moderni: quanto sia cambiata la percezione della vecchiaia, una volta espressione di stimata saggezza e ora di risibile decadimento. E’ un altro dei motivi per cui Mitsos sta al largo? Per continuare ad essere il vecchio dall’esperienza impagabile?

Con “Le catene del mare” mi sono ricollegata la mio primo libro di racconti: tutti gli eroi hanno più di 50 anni di età. Sono sempre stata affascinata dagli anziani, per me sono un enigma, arrivo a seguirli per strada, per osservare i loro comportamenti. Trovo che l'esistenza moderna sia ingiusta verso gli anziani. Li tratta come limoni spremuti a metà. Sembra che facciano con loro delle prove generali per la loro morte, come se non servissero più a niente. Questo libro vuole essere un'affermazione di vita, un gesto di amicizia verso la terza età. Ritengo che fino all'ultimo secondo di vita ognuno abbia diritto a tutti i sentimenti: amore, odio, riconciliazione e rabbia.

Ancora due parole sul gatto, o sui gatti che si avvicendano con lo stesso nome- in genere nei miti c’è il cane, qui c’è l’eterna Maritsa…

Ah, i gatti! tra me e la mia vicina diamo da mangiare a 20 gatti. Mia figlia è single e vive da sola, ma ha un gatto e dice che “convive” con il gatto...Ci sono stati gatti fin dalla mia infanzia, avevo una gatta che si chiamava Gina Lollobrigida...Mi è capitato di passare ore con marinai che continuavano a parlare dei loro gatti e mi sono resa conto che tramite i gatti si può parlare di tutta l'attualità politica e di tutti gli eventi internazionali.