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La "buona legge"di Mariasole da madre a cinica capoclan: la camorra secondo Carrino

Autore: Anna Petrazzuolo
Testata: Repubblica Napoli
Data: 8 giugno 2015

CI sono personaggi che, creati in funzione di una trama ben precisa, arrivano poi alla fine con un senso di incompiuto, serbando ancora qualcosa da dire e da fare. È andata così per Mariasole, che era figura ancillare nell'opera d'esordio "Acqua Storta" di Carrino e che, dopo alcuni anni, torna in libreria da protagonista . Le parole con cui questa donna – bella, istruita e intelligente – si ripropone, non solo rispondono all'esigenza di fare il punto della situazione ma tuonano come una vera e propria dichiarazione di autonomia: «Io sono Mariasole Simonetti, sono la vedova di Giovanni Farnesini e questo è un fatto che non posso cambiare, ma io sono soprattutto la madre di Antonio e questo è un altro fatto, il più importante dei fatti, il fatto più buono». Scrittore tra i meno omologati, con questo libro Carrino rifugge dal semplice sequel e preferisce una narrazione di taglio psicologico che spinge il lettore a schierarsi, a parteggiare, gli induce un conflitto interiore e poi lo lascia così. La guerra intestina tra le famiglie del clan è, di fatto, l'osservatorio privilegiato per scandagliare le pulsioni che dalla notte dei tempi muovono il mondo. Leggendo, si ha la conferma che, per quanto attraverso i secoli si sia evoluta e civilizzata, l'umanità conserva in sé una componente primordiale che la rende simile alle bestie, un'attitudine a macellare il nemico che niente può mitigare. Su questo la letteratura non ha mai mentito. Vendette, agnelli sacrificali e sangue riempiono trasversalmente storie di ogni epoca, a partire dalla tragedia greca, di cui Mariasole è una diretta discendente. Lei che desiderava soltanto una vita normale, alla morte del marito fatto uccidere dal suo stesso padre per una questione d'onore, viene risucchiata nelle fauci del sistema e costretta a imparare un codice che non ammette eccezioni. Osserva, ascolta ed esegue perché sa di non avere scelta, ma intanto prepara il colpo di scena. Imperscrutabile più di una sfinge, si apre solo con il defunto Giovanni, che diventa l'interlocutore muto a cui chiedere approvazione. A lui rimane fedele, a lui e al figlio. Sarà proprio l'istinto di madre a dettarle una nuova legge, volta alla salvezza del bambino, a infrangere l'ineluttabilità del destino. Per raccontare la trasfigurazione di Mariasole da donna a cinica capoclan, Carrino utilizza una scrittura di carne che riesce a coniugare asperità e tenerezza, urgenza di realismo e vocazione poetica. Scomoda Eschilo e Tarantino ma non da emulatore bensì per ribadire un'originalità di stile che significa optare caparbiamente per la strada più tortuosa, inoltrarsi nella giungla delle contrapposizioni senza mai cedere agli ammiccamenti né ai compromessi.

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/06/06/la-buona-leggedi-mariasole-da-madre-a-cinica-capoclan-carrinoNapoli17.html?ref=search