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Il vento di San Francisco

Testata: Il Foglio
Data: 8 luglio 2015

Joseph e Anne Lavette, nell'Europa del primo '900, fanno parte di quel flusso immenso e ininterrotto di umamtà che sono i migranti. L'America vista da Marsiglia è lontanissima, ma è lì che tutti desiderano scappare, tra le braccia della grande signora della speranza Sono sedici giorni di viaggio. Anne è giovanissima e spaventata, aspetta un bambino e ha paura di morire, ma quando vede il porto d1 New York si sente subito meglio. Suo figlio nascerà in America, una madre non potrebbe fare una promessa migliore al suo bambino. Daniel Lavette viene al mondo dentro a un vagone merci in mezzo alla nausea e alla paura. L'America accoglie tutti e poi ride di loro, immigrati senza voce. E quando il terremoto del 1906 distrugge tutto quello che aveva conosciuto, Daniel si ritrova solo al mondo. La vita però ricomincia sempre, e poi intorno a lui c'è l'America, con i suoi spazi immensi che li entrano in testa come se fossero un avvenire senza confini: "Quanto pub essere bello questo schifo di mondo". Daniel Lavette conosce il mare e poco altro: tutto il sangue sputato da suo padre, il nome e il corpo di qualche prostituta, gli ubriachi lacrimosi, conosce soprattutto la miseria "Tu lo sai cos'è la Povertà? E' una specie di puzza... una malattia" Daniel Lavette, pescatore figlio di pescatori, ha però altri progetti: sogna Nob Hill e le case dove vivono i ricchi. Come spesso capita ai buoni, la fortuna gli tende la mano. Succede tutto molto in fretta: insieme con il suo amico Mark Levy compra l'Oregon Queen, una nave su cui nessuno scommette e sposa Jean Seldon, la donna piu bella e ricca di tutta San Francisco. A volte gli sembra di avercelo tutto nelle sue mani, questo maledetto mondo, e forse ha ragione. Dall'altra parte dell'oceano è scoppiata la guerra. Durerà poco, assicurano i giornali, e invece durerà moltissimo, l'America non sta a guardare e nemmeno Daniel. La guerra, si sa, può trasformarsi in un buon affare. Non c'è un solo dollaro in tutti gli Stati Uniti che non sia sporco di sangue. Lui prova a convincersi di non avere nessuna responsabilità. Quando comincia l'arruolamento, le donne di San Francisco si chiudono in chiesa a pregare. Andrà tutto bene anche questa volta, se così si può dire di una guerra finita e dei suoi sopravvissuti. Ma ormai il mare e la terra sotto ai suoi piedi non gli bastano più, adesso Daniel guarda il cielo. Qualcuno pensa che sia una follia. Invece è solo il futuro. "Se il buon Dio avesse voluto che volassimo..." gli dicono per scoraggiarlo. Daniel si innamora degli aerei, ha ragione lui anche questa volta. Il sogno americano e proprio lì davanti ai suoi occhi e alza il calice in suo onore. E' partito da una banchina ed è arrivato fino al cielo, eppure se si ferma a pensare si accorge di non essere mai stato cosi solo: il sogno americano è solo un gioco, non c'è niente di reale e duraturo. Un giorno di ottobre del 1929 tutto viene di nuovo spazzato via. Questa volta non è un terremoto, è peggio: la Borsa di New York crolla, le fortune affondano. L'altro specchio del futuro è il dolore di migliaia di persone che cercano un laroro dove il lavoro non esiste più. "Abbiamo avuto dei buoni momenti ", dice Daniel al suo socio Mark mentre a assistono alla demolizione dei palazzi di Nob Bill. Era solo un inganno, adesso è finito. Howard Fast, l'autore di questo romanzo il cui titolo originale è "The Immigrants", ha vinto nel 1953 il premio Stalin per la pace. Al sogno americano Fast non ci credeva per niente. Non ci crede più nemmeno Martha Levy, la figlia di Mark. Sognava Hollywood e un ruolo da protagonista in un grande film, adesso ce l'ha scntto negli occhi che farà una brutta fine. "E' stata dura?" le chiedono. Lei risponde che no, non stata dura: "E' stato inutile". Daniel Lavette ha fatto tanta di quella strado tra la terra e il mare per ritrovarsi di nuovo sopra un vecchio peschereccio. E' stato inutile anche per lui? No, per niente. E' stato vivere.