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Hugo e Rose di Bridget Foley

Testata: La leggivendola
Data: 11 settembre 2015

Negli ultimi tempi sto accettando più libri del solito dalle case editrici. Oddio, più che altro capita più spesso che mi vengano offerti libri ipoteticamente ganzi da case editrici di cui mi fido un sacco come lettrice. Forse è il caso che mi dia una regolata, comunque. Tipo un massimo di un libro ricevuto a'ggratis ogni due recensioni di libri auto-finanziati. Cose così. Ho un po' il terrore di ritrovarmi, un giorno, a gestire uno di quei blog che fanno da ufficio stampa alle case editrici, quelli che sfoggiano errori di battitura nei post, e un font grazioso ma illeggibile. Il cursore che rilascia brillantini, immagini di gattini ammucchiate qua e là. Diciamo che sto cercando di esorcizzare il terrore rivelandolo qui. Confessioni terapeutiche.
Ad ogni modo, mi accingo a recensire Hugo e Rose di Bridget Foley, tradotto da Nello Giugliano e pubblicato in Italia dalla casa editrice e/o, che 'sì cortesemente, come si sarà intuito dall'inutilmente lunga introduzione, me ne ha fatto omaggio. Cosa per cui sentitamente ringrazio.
Dunque, Hugo e Rose. Difficilmente avrei accettato in lettura un libro simile proposto da un'altra casa editrice. Perché parla di sogni e regni onirici, e quando si vira su questi temi, personalmente mi aspetto sempre una fregatura, e una trama che progredisce per tappe fisse come “Lui e lei sono due ragazzi che si incontrano da sempre nei propri sogni, poi si incontrano nella vita reale, poi si innamorano, poi arriva il cattivo che li vuole separare/fare un uso malefico del loro potere, poi lo sconfiggono, poi vivono sempre felici e contenti”. Una cosa di questo genere.
In questo caso, la storia è diversa sin dalle premesse. Hugo e Rose non sono due ragazzi. Rose è una donna adulta, sposata con Josh, che col suo lavoro di chirurgo passa la maggior parte del suo tempo fuori casa, a sferruzzare pazienti. Hanno tre figli, due ragazzi di otto e sei anni e una bimba di due. Avendo tre figli in età temibile e un marito assente – fisicamente parlando, perché se avessero tempo e spazio per avere una vita di coppia, ne sarebbero più che felici, innamorati come sono – Rose è una mamma disperata. Si sente fallita come educatrice, perché non esulta come gli altri genitori alle partite dei figli, vorrebbe solo tornarsene a casa a dormire. Si sente un mostro come donna, perché da quando è nata Penny ha smesso di curare il proprio aspetto, ha iniziato a ingrassare e a vestirsi in modo trasandato. Non si sente nemmeno felice come moglie, perché sentendosi un mostro di donna, ha ridotto all'osso i contatti col marito, che comunque, per quel poco di tempo che riescono a passare insieme, ancora la adora.
Quindi Rose si ritrova in questo periodo di stress e angoscia, a martoriarsi perché non riesce a raggiungere un ideale impossibile di madre e moglie da sit-com, e come consolazione ha i sogni.
Da quando aveva sei anni, ogni notte Rose sogna di trovarsi insieme a Hugo su un'isola fatta di sogni. Una spiaggia rosa i cui granelli di sabbia ti fanno rimbalzare, un sottomarino tondo, di legno, col quale attraversano i fiumi. I temibili mostri da combattere, la Città Castello in lontananza, che non riescono a raggiungere, nonostante abbiano provato per tutta una vita. Hugo e Rose non invecchiano, nel sogno, si sono fermati alla loro età più bella. Sono giovani, forti, atletici. Tirano di spada, scalano montagne, sconfiggono i Ragni giganti. Per Rose, quei sogni sono la liberazione da un momento particolarmente duro e difficile della sua vita, rappresentano l'unico momento della giornata in cui si sente davvero libera.
E poi un giorno incontra Hugo. Hugo nella vita reale, alla cassa di un fast-food. Ed è lì che la sua vita comincia a sgretolarsi. Inizia a sentirsi ossessionata, e la situazione... beh, si evolve. E io non dico altro.
Ho adorato il modo in cui il tema del sogno cozza contro la realtà, disperdendola, sgretolandola. Quello che accade è plausibile, ed è questo l'aspetto che ho apprezzato di più. Si può credere che questo è quello che succederebbe se due persone che hanno passato la propria vita a sognarsi si incontrassero nella vita reale. Ha perfettamente senso, e davvero non è poco, considerando le premesse.
Quindi sì, lo consiglio, e molto. Pur ammettendo che il finale mi ha lasciata un po' incerta, troppo “aggettivo che non posso adoperare perché diamine, sarebbe come svelare come finisce il libro, e cotanto osare mi varrebbe il rispetto di me stessa.” Non che sia un brutto finale, anche quello ha dopotutto un suo senso. Però mi ha lasciato con un però. Anche se non credo si possa definire un “però” oggettivo. A parte questo, diamine, mi è piaciuto un sacco.

http://laleggivendola.blogspot.it/2015/09/hugo-e-rose-di-bridget-foley.html?spref=tw