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EPITAFFIO PER I VIVI. FUGGIRE E RICORDARE

Autore: Sara Redondi
Testata: Roar Magazine
Data: 12 novembre 2015
URL: http://www.roarmagazine.it/libri/epitaffio-per-i-vivi-recensione.html

Da una delle voci più influenti e perché no anche criticate della letteratura tedesca, arriva un racconto scritto nel 1971 e rimasto inedito fino a oggi. Epitaffio per i vivi (edizioni E/O, 160 pp., 14,50 € trad. Anita Raja,) raccoglie in forma estremamente condensata e intensa quella scrittura realista e tagliente e quel desiderio di verità che popola i lavori di Christa Wolf. Si tratta di un’opera dai forti richiami autobiografici, carica e complessa, dove la rottura di un equilibrio, la paura e la perdita si mescolano nella penna di una scrittrice divisa tra DDR e utopia comunista.

EPITAFFIO PER I VIVI. LA FUGA

«Subito la paura cessa, quando si verifica quella perdita al pensiero della quale abbiamo tremato di spavento.»

Sacchi della biancheria pieni di cose pronti in corridoio, l’argenteria buona chiusa a chiave e una chiazza bianca sul muro dove prima si trovava il ritratto del Führer, è così che Epitaffio per i vivi ha inizio. Alla quindicenne che è l’io-narrante di questo racconto i genitori non hanno detto nulla, ma lei sa che quella sarà l’ultima volta nella sua casa e che questo ricordo sarà il punto di rottura tra un passato a lei famigliare e un futuro impossibile da decifrare. Siamo nel gennaio 1945, in una cittadina all’epoca appartenente alla Germania dell’Est, l’esercito russo è alle porte e la popolazione è costretta alla fuga. La rottura dell’equilibro è avvenuta. La piccola narratrice percorre a ritroso la sua infanzia, consapevole di trovarsi a un bivio: quello che è stato non sarà più. Insieme alla casa e agli oggetti a lei famigliari, si lascia alle spalle anche le persone protagoniste delle sue giornate di bambina e quella fede nei dogmi di Hitler in cui è cresciuta.

PER NON PERDERE ANCHE I RICORDI

«Noi non avvertiamo il significato degli avvenimenti nel momento in cui accadono, questa circostanza è nota a tutti. Eppure quel dolore mi ha accompagnata per tutta l’infanzia, e quando lentamente è venuto meno fino a farsi sempre più raro, quando si è mutato in un dolore indotto dal fatto che il dolore mancava, sono diventata adulta.»

La fuga narrata dalla Wolf porta i suoi protagonisti a confrontarsi prima di tutto con la perdita di se stessi e di quello che sono stati fino ad allora. Cosa ci identifica come individui? Il nostro vissuto? Ciò che possediamo? Quello in cui crediamo? L’io-narrante indaga sapientemente questo aspetto dell’abbandono e della perdita, mentre i ricordi prendono il sopravvento. Basta una casa bianca o la strada che conduceva a scuola per risvegliare nella protagonista memorie di una quotidianità ormai parte del passato. Emblematica a questo proposito la figura della madre Charlotte, perno della famiglia: è lei il simbolo di quella rottura dell’equilibrio che in questo romanzo investirà cose e persone. Epitaffio per i vivi è un libro denso, pieno di particolari, che pagina dopo pagina prende la forma di un registro di ricordi. Nel mezzo della crisi e del crollo delle certezze, questo racconto si affanna a conservare quello che può: la memoria di ciò che si è stati.