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La banda degli amanti - Massimo Carlotto

Testata: La stamberga dei lettori
Data: 12 dicembre 2015
URL: http://www.lastambergadeilettori.com/2015/12/la-banda-degli-amanti-massimo-carlotto.html

Un ritorno in grande stile, quello di Carlotto, che con 'La banda degli amanti', dopo alcuni anni di silenzio, riporta in campo due personaggi importanti nel suo filone poliziesco: l'alligatore, l'investigatore Marco Buratti, con il suo entourage di compagni d'armi, Max la memoria, Beniamino Rossini e i francesi, e il cinico, crudele Giorgio Pellegrini, protagonista di 'Arrivederci, amore, ciao'. La prima parte del nuovo giallo contiene il racconto in flashback della conclusione di una vicenda iniziata in 'L'amore del bandito' del 2009: la vendetta di Beniamino per il rapimento e la distruzione del suo legame con la danzatrice del ventre, Sylvie, alla quale partecipa tutto il gruppo di amici per solidarietà cavalleresca. La vendetta non regala però la pace, né alla vittima, cui il risarcimento era dovuto come tributo di giustizia, né a Beniamino, né all'alligatore, che sacrifica a questa situazione una parentesi di normalità quasi coniugale che si era ritagliato strada facendo. Sull'orizzonte di Marco Buratti, e dei suoi sodali, il gangster Rossini e lo smanettone Max 'la memoria', la parola pace è destinata a tramontare sempre velocemente e in maniera traumatica. La bellezza dei libri di Carlotto in effetti, oltre che in un sottofondo drammatico autobiografico, consiste proprio nella capacità, che nel panorama del giallo/poliziesco italiano è inconsueta, di rappresentare il mondo criminale dall'altra sponda, dalla parte dei cattivi, che poi 'cattivi' in fin dei conti non sono del tutto, ma fanno parte di un'umanità dolente, martoriata spesso da situazioni ambientali disastrose e pronta a martoriare senza troppi scrupoli altri vittime-carnefici. Del resto spesso – e anche in questo caso – le forze del Bene, polizia o altro, mostrano pericolose intelligenze con il nemico che dovrebbero combattere, tanto da consentire anche ai 'criminali' di assumere il ruolo di cavalieri che lottano in difesa di una giustizia in qualche modo retributiva. Ma anche retribuita: l'alligatore non si fa scrupolo di sfruttare l'angoscia di una donna per bene, ricca esponente della buona borghesia svizzera, che ha perduto con l'amante segreto l'unica occasione di trovare degli spiragli di umanità vera in un'esistenza del tutto votata a un'apparenza tanto irreprensibile ed elegante quanto in realtà vuota, ipocrita e priva di ogni calore umano. La perdita non è puramente casuale: rapito l'amante, lei è stata ricattata per la sua liberazione, ma non ha ceduto e ha preferito sacrificare l'uomo alla facciata della rispettabilità borghese. Dunque l'inferno che si trova a vivere e in cui la vede l'Alligatore, a sua volta alle prese con il suo proprio inferno personale, è ampiamente meritato. Però almeno la donna ha il diritto, a pagamento, di sapere la verità, cosa è successo all'unico uomo che aveva amato e che la rendeva viva. Questo è il compito che l'Alligatore si assume, insieme a Max la memoria – il terzo moschettiere, Beniamino Rossini, è ancora alle prese con il suo inferno individuale, arriverà in tempo solo per l'ultimo atto di questa tragedia del Nordest – , che lo allontana dal torpore alcolico in cui stava inabissandosi di nuovo e lo riporta nei suoi luoghi, quelli in cui era nato come investigatore: l'opulenta, lussuosa, corrotta e marcescente provincia veneta, ambiente d'elezione delle storie di Carlotto, che la cattura nei suoi personaggi con feroce e crudo realismo. Lì, come quando nei fumetti si incrociano eroi, buoni e cattivi, da serie diverse, la pista investigativa incrocia la luminosa carriera criminale di Giorgio Pellegrini, animatore della scena sociale padovana col suo ristorante, la 'Nena'. Tra politica corrotta e criminalità, Pellegrini, che avevamo lasciato nel finale di 'Arrivederci, amore, ciao' sull'orlo della riabilitazione, si è fatto strada nell'ambiente padovano, per bene fuori, ricco e lavoratore, ma nel suo intimo marcio e debosciato. Pellegrini incarna il male mimetizzato alla perfezione nella società dei consumi. Il tema ritorna spesso in Carlotto e si materializza nei menù dei ristoranti di lusso che Buratti frequenta per conto della sua cliente svizzera sulle tracce dell'amante scomparso, nei vini di qualità, negli spritz diventati di moda tra Padova e Venezia, nelle vivande succulente che Max la memoria giudica con palato da gourmand, nel sadismo di Pellegrini che impone a Martina, amica della moglie Gemma, presentata come una derelitta del tutto sottomessa ai suoi voleri, e sua amante, di mangiare cibi che lei trova disgustosi. Il cibo diventa una metafora della voglia irrefrenabile di divorare il mondo, in una frenesia consumistica che non conosce limiti e che si traduce nell'ingordigia di beni materiali e status symbol, nella paranoia della forma fisica alla ricerca del look perfetto, nel modello di una felicità che coincide con una sazietà malata e bulimica. La figura di Pellegrini si circonda di personaggi squallidi e deviati, come i due fratelli che si prestano al gioco del cattivo gratuitamente, solo per soddisfare le loro perversioni sessuali e approfitta della debolezza mentale di persone come la moglie, tenuta costantemente in una sorta di limbo al limite dell'autoconsapevolezza, e l'amica di lei, Martina, ridotta in una condizione di sudditanza psicologica che sfocia nell'asservimento totale. La trovata interessante dell'autore è quella di utilizzare, quando nella trama appare il personaggio antagonista, una doppia voce narrante, sicchè della stessa vicenda si hanno due punti di vista, quello dell'alligatore e quello del cattivo. La doppia ricostruzione mette in risalto il punto di forza della storia, facendone quasi sparire l'esilità dell'intreccio: la capacità di dare al racconto un sapore reale, con pochi tratti, con dialoghi semplici e uno stile lineare ma non piatto, adatto a rendere la quotidiana normalità del male e del malessere dei suoi personaggi. A partire dai primi libri della serie dell'alligatore si sente una continua maturazione stilistica nell'uso degli strumenti descrittivi e narrativi, e il peso del caso investigativo, in quest'ultimo poliziesco, si concentra sulla purezza della malvagità di Pellegrini, che sovrasta quasi gli eroi con la sua raffinata cattivera. La scelta di compiere il male è fine a se stessa, è un gioco divertente, che consiste nel trovare con innate doti intuitive coppie clandestine legate da amore sincero e divertirsi a torturarle per puro gusto di fare il male, neppure per scopo di lucro, visto che il ricatto è solo un accessorio del suo passatempo. E, da buon giocatore – come del resto anche l'autore – Pellegrini capisce quando il gioco sta arrivando al limite e si è preparato per tempo un'uscita di sicurezza, lasciando il finale in sospeso, in una sfida che prelude ad altre avventure per Buratti&co.