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Il noir, l’inchiesta e tutto l’oro del mondo

Autore: Alioscia Castronovo e Tania Rispoli
Testata: Dinamo Press
Data: 12 dicembre 2015
URL: http://www.dinamopress.it/news/il-noir-linchiesta-e-tutto-loro-del-mondo?utm_source=twitterfeed&utm_medium=twitter

Intervista a Massimo Carlotto su noir, letteratura (e lettori), giornalismo d’inchiesta. A vent’anni dalla sua comparsa, l’Alligatore, nel nuovo romanzo “Per tutto l’oro del mondo”, torna ad inoltrarsi nelle strade del crimine, dell’ingiustizia, dell’ossessione securitaria e razzista. Una nuova appassionante avventura per indagare il capitalismo-mafia nel nord-est italiano.

L'Alligatore è Marco Buratti, ama il blues ma (nell'ultimo libro) si innamora di una donna di jazz, e dopo aver perso la voce in seguito a sette anni di carcere, a cui era stato condannato ingiustamente, diventa un investigatore anomalo, alla ricerca di una giustizia che va ben oltre la legge e riguarda questioni sociali, umane e politiche di un mondo complesso che non lascia spazio alle illusioni. Assieme al contrabbandiere Beniamino Rossini (realmente esistito e amico dello stesso Carlotto) e all’analista Max la Memoria, ex-militante degli anni Settanta per molti anni latitante, l’Alligatore percorre, tra un bicchiere di Calvados e un altro, indagine dopo indagine, romanzo dopo romanzo, le strade del laboratorio del nord-est italiano da ormai venti anni. Uno spazio fisico e metaforico, che si estende inseguendo le geografie del capitale-mafia e del profitto a tutti i costi, aprendo alla comprensione e alla denuncia di trame e di intrecci tra finanza, mafia e politica. E proprio in occasione di questo anniversario delle appassionanti avventure del nostro amato investigatore, esce il nuovo romanzo di Massimo Carlotto, che abbiamo incontrato il 5 dicembre alla Fiera della piccola e media editoria all’Eur di Roma.

Mentre “in Grecia il popolo decideva con un referendum il proprio futuro economico” e “il resto d’Europa applaudiva la democrazia con il fucile puntato” (citazioni dal libro, pag. 107) l’Alligatore e i suoi soci si inoltrano in una nuova indagine, l'ultima di una lunga serie, che, partendo dalle rapine nelle ville-bunker del nord-est italiano, ricostruisce l’intreccio tra criminalità organizzata, politica e capitalismo finanziario, in un mondo fatto di odio, vendette personali e ossessione securitaria.

Un mondo di violenza ed ingiustizia, paura ed odio per il diverso, di tradimenti e di affari, un mondo a cui i tre protagonisti rifiutano di rassegnarsi. Perché l’etica fuorilegge dei nostri personaggi, voci critiche in un mondo ingiusto, sognatori senza più sogni, impone loro una fedeltà a dei valori di solidarietà e giustizia che non contempla “il tradimento. Era totalmente estraneo al nostro modo di concepire il mondo. Ma nella criminalità tutti tradivano tutti. Era la soluzione perfetta a portata di mano” (cit. pag. 167). Mentre tra “ferocia e paura continuava la rivolta contro l’ 'africanizzazione' della regione (il Veneto, ndr) e un sindaco del trevigiano festeggiava la cacciata di un centinaio di rifugiati” i nostri decidono di entrare in azione, per rendere giustizia ad un giovane orfano, figlio di una colf, uccisa innocente, dopo essere stata stuprata, nell’ambito di una rapina legata ad una vendetta personale.

Un libro in cui, come scrive Benedetto Vecchi, "Carlotto mette a fuoco il Nord-Est italiano da un’altra prospettiva, quelle delle campagne securitarie, dell’ossessivo refrain sulla sicurezza declamata da politici collocati a destra, a centro e a sinistra delle coordinate politiche correnti". (Leggi la recensione Una tranquilla estate criminale )

Un’analisi spietata di quella che ha Carlotto stesso definito “la pancia del Veneto. Quella che finiva in televisione e sulle prime pagine dei giornali. Sindaci osannati per aver dichiarato che i rom non avevano diritto di sosta nel loro paese. Commercianti che reagivano aprendo il fuoco, uccidevano i cattivi e diventavano eroi. Fiaccolate, magliette. Paura, esasperazione, odio. Umori giustizialisti. E voti, così tanti da chiudere la partita.”

Ecco il testo dell'intervista:

Sono trascorsi vent’anni dalla prima apparizione dell’Alligatore, vent’anni di una narrazione che sperimenta il noir e s'intreccia con una inchiesta della società attuale e del capitalismo contemporaneo, in particolare attorno al nodo capitale-mafia, a partire da una geografia e da una spazialità complessa e articolata che riguarda in primo luogo il Nord-Est, terra che conosci bene, in cui vivi, ma che si è ampliata con il ciclo de "Le Vendicatrici" a Roma, alla Sardegna con "Perdas de Fogu", e a Marsiglia con "Respiro Corto". Con i tuoi romanzi disegni una sorta di spazialità del capitale-mafia contemporaneo e un’analisi della violenza e delle contraddizioni interne della società oggi, a partire dal noir. Qual è, a vent’anni dall'inizio della saga dell'Alligatore, la relazione tra noir e giornalismo d'inchiesta?

Il noir, a differenza del romanzo poliziesco che è sempre consolatorio, sovverte la struttura del romanzo poliziesco ed è uno strumento straordinario per indagare la realtà. Una delle grandi scommesse vent’anni fa del noir è stata quella di usare il giornalismo d'inchiesta, che stava già scomparendo dalla nostra realtà mediatica, proprio come base per le sue trame. Questa è stata una scelta sociale politica di una scrittura che è nata come scrittura morale e che col tempo si è trasformata in scrittura sociale e politica. Una scelta che ha diviso il mondo degli autori. Però, a livello europeo, si è creato una sorta di zoccolo duro in cui parecchi autori hanno cominciato sempre più a inserire nella trama elementi di realtà, proprio a partire dal giornalismo investigativo. Questo ha creato una modificazione profonda nel mondo dei lettori, nel senso che essi hanno capito il gioco. Col tempo i lettori hanno cominciato a usare questo tipo di autori e quindi chiedono loro sempre più di occuparsi di alcuni casi piuttosto che di altri, perché hanno capito che è un modo di essere informati. Se uno ha interesse a un caso specifico o a una trasformazione criminale, a un caso che interessa un territorio, lo chiede direttamente all'autore. L'altra cosa interessante è che col tempo hanno messo dei paletti all'autore dicendo: se tu mi racconti spezzoni di realtà, devi farlo in modo tale che io poi possa approfondire e questo costituisce una modificazione straordinaria nel mondo dei lettori, perché non c'era mai stata prima. E questo è scaturito da come abbiamo usato l'inchiesta giornalistica nel romanzo.

Tornando al tema della spazialità, nel tuo ultimo romanzo si parte dal Nord Est, come in gran parte delle avventure dell'Alligatore che lì si collocano. Nel tuo lavoro di scrittore hai anche scritto la saga delle Vendicatrici, quattro romanzi su Roma e anche lì tanti temi poi esplosi con Mafia-Capitale già emergevano assieme a quello della violenza di genere, motivo che d'altra parte ritorna in differenti romanzi, e con diverse tonalità e modalità in vari libri. Questa dimensione della spazialità transnazionale, di un nuovo tipo di crimine e di violenza ci disegna un quadro più globale rispetto a dei luoghi specifici…

La formula narrativa del noir fa in modo di andare a radiografare una situazione sociale in un tempo e in un luogo e quindi, quando si esaurisce il tempo e il luogo, ti sposti: il segreto è sempre seguire il denaro e il capitalismo per come si è configurato negli ultimi trent'anni. Due sono gli aspetti più interessanti del noir: l'intreccio tra economia legale ed economia illegale e la collusione tra criminalità organizzata e settori corrotti dell'imprenditoria, della finanza e della politica. Seguendo queste tracce cambiamo anche territorio. Raccontare le Vendicatrici era una cosa necessaria: tutti conoscevano la situazione romana, però nessuno si muoveva. Allora perché non raccontarla?

Questo ha determinato una sorta di ruolo anticipatorio del noir, per cui molto spesso i lettori trovano delle cose che poi riscontreranno anche nella cronaca, ed esso è un aspetto che continuamente viene riconosciuto dal lettore. Questo tipo di letteratura tiene in grandissima considerazione il lettore: egli non è solo colui che legge e si diverte col romanzo, ma c’è una forma di relazione diversa che ci porta su un terreno più sociale, una sorta di coscienza diffusa che passa attraverso questo tipo di libri.

Venendo al tuo ultimo noir "Per tutto l'oro del mondo", tanti sono i temi di attualità che attraversano le pagine di questo libro. C’è molto nella figura di Kevin come colui che si fa giustizia da sé, che rappresenta la politica della Lega Nord e l'ossessione securitaria, così come la polemica sull'ideologia gender e la messa al bando di certi libri e certi temi. Cosa vuole dirci sull'attualità questo ultimo libro? Qual è il messaggio che lanci?

Il messaggio è rispetto al territorio Nord-Est che è sempre stato considerato una sorta di laboratorio a livello europeo. Per quanto riguarda la difesa dei cittadini e della famiglia, il primo vero atto è stato difenderli da un punto di vista culturale e “cristiano”, eliminando dalle biblioteche scolastiche i quarantanove libri che mettevano in discussione la famiglia tradizionale. Quindi il progetto sicurezza è un progetto prima di tutto di censura culturale di quanto si oppone al proprio progetto. È per questo che la Lega cerca di chiudere tutti gli spazi, perché per loro il problema fondamentale è il controllo del territorio e il soffocamento di tutte le esperienze prima culturali, poi politiche. Questo è estremamente pericoloso e tale involuzione andava raccontata attraverso una storia criminale.

Un’ultima domanda a proposito della musica, che è estremamente influente nei tuoi libri ed è, per altri versi, anche una tua grande passione. L'Alligatore è un amante del blues e nell’ultimo romanzo hai fatto un'incursione pure nel jazz, entrambe queste scelte musicali hanno un valore politico. Nel tuo libro ricostruisci la storia del blues, scrivendo che il blues intitolato "Spaghetti Juke Joint era dedicato a quegli emigranti italiani che, vittime di un gigantesco imbroglio, si ritrovarono nei campi di cotone di Greenville, Mississippi, alla fine dell'Ottocento, a condividere le terribili condizioni di vita degli afro-americani. La schiavitù era stata abolita ma il Ku Klux Klan dettava legge e lo sfruittamento e le malattie non erano scomparse". Che valore ha la musica nella tua narrazione? Infine, cosa leggi e quali sono i "tuoi" autori del noir?

Nel noir in generale il blues e il jazz sono fondamentali, sono la colonna sonora del genere. Io cerco di fare una ricerca anche rispetto al genere seguendo il lettore. Leggo di tutto, adoro la saggistica, specie quella storica. Cerco di capire il più possibile ciò che succede all'estero e mi piacciono molto i giovani autori in Italia. Noi abbiamo bisogno di una nuova generazione di autori e occorre un ricambio molto forte, perché, per quanto ho detto prima sul rapporto coi lettori, possiamo dire che lo impone il genere stesso.