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Autobiografia con licenza di cronaca. Da Mick a Jimi, a tu per tu con le star

Autore: Luciano Del Sette
Testata: Il Manifesto - Alias
Data: 2 gennaio 2016

Chiusa l’ultima delle duecentosessanta pagine, la domanda nasce spontanea, «Ma sarà tutto vero?». Nel caso del romanzo di Lilly Brett, Lola Bensky (Edizioni e/o, euro 17), è il miglior complimento che si possa fare a un’opera che intreccia con salda mano narrativa l’invenzione alla cronaca dei fatti. I fatti riguardano l’autrice, oggi settantenne, inviata durante i Sessanta del secolo scorso dalla rivista musicale australiana Go-Set in Inghilterra e States per intervistare star e future star, e realizzare un reportage sul Festival di Monterey. Da quell’esperienza ha preso sostanza la figura di Lola, prima adolescente e poi donna che si porta appresso l’incubo di essere grassa, i conti con l’agorafobia e la bulimia, i confronti con il fisico da palcoscenico di tanti divi canori. Lola proviene da una famiglia di ebrei (e questa torna ad essere verità) scampati ad Auschwitz, poi emigrati in Australia. Allo spettro dell’eccesso di peso si aggiunge quello di una madre che, assillata dal ricordo di uomini e donne divenuti scheletri dietro il filo spinato, non perde occasione di rimproverare alla figlia i troppi chili, crea diete mortificanti, ne rende schiava Lola, mai regala il dono di un sorriso. La giovanissima cronista che incontriamo fin dalle prime pagine del libro, ogni giorno impegnata in interviste, alloggiata in camere e hotel precari, armata di una borsa dove nasconde panini e dolci, tutto sommato invecchierà bene, diventando addirittura una firma letteraria del genere giallo. Il suo Agenzia investigativa super privata si rivela un best seller, i personaggi del libro e dei sequel in cantiere entrano a far parte dei suoi pensieri fissi. Lola continua a credersi grassa, pur se tutti la vedono bella e di grande fascino. Tale doveva apparire trent’anni prima anche ai mostri sacri affrontati per il mensile Rock Out (nome di fantasia). Bensky piace perché pone domande semplici e non consuete. Lo fa prendendo il tè nella casa di un Mick Jagger poco sopra i vent’anni, oppure quando nel corso di un’intervista presta a Cher un paio di ciglia finte (non le verranno mai restituite), o ancora quando Jimi Hendrix l’accoglie nel suo camerino come un’amica meritevole di confidenze. Proprio dalle atmosfere di questi incontri nasce in chi legge il dubbio sul confine tra romanzo e taccuino di giornalista. Dall’intervista con Jagger: «La parola successo significa cose diverse per persone diverse... Per molti significa il matrimonio, la monotonia della vita di periferia e i progetti per la vecchiaia. Ho sempre avuto la sensazione che non vivrò abbastanza da diventare vecchio». Jim Morrison agli esordi, sul palco dello Scene di New York: «Gli occhi grigio azzurri non sembravano collegati a un cuore o a un’anima. C’era qualcosa di morto dentro di lui, pensò Lola... Mentre cantava si leccava le labbra con movimenti sinuosi da rettile. Appariva misurato e micidiale. E scollegato da tutto ciò che lo circondava». «Lola gli domandò per quale motivo avesse cambiato nome. Sapeva che in origine non si chiamava Cat Stevens. ‘Te la immagini la gente che va nei negozi a chiedere un disco di Steven Demetre Georgiou?’, rispose lui. Ti piace il nome di Cat Stevens ? ‘Ogni giorno che passa lo conosco meglio. Non vedo l’ora di diventare vecchio’». Vecchi, alcuni lo sono diventati. Altri hanno spezzato da soli la loro vita, come Janis Joplin «... scosse la testa, si frugò nella borsa, ne estrasse una bottiglia di Southern Comfort e bevve un sorso dal collo... ‘Controllo sempre di avere una borsa abbastanza grande da contenere un libro e una bottiglia... Se non avessi la musica, probabilmente l’avrei già fatta finita’». Davanti al registratore di Lola sfilano Mama Cass dei Mama’s & Papa’s, Who, Simon e Garfunkel, Otis Redding, Jefferson Airplane, Bee Gees... e intorno a loro Liza Minnelli, Andy Warhol, Paul Newman, Sammy Davis Jr. Adolescente, donna, bambina evocata nei ricordi, moglie, madre, Bensky trasforma i suoi incontri con lo star system di quei tempi, mai però tradendone stati d’animo e pensieri, in altrettanti specchi delle insicurezze, delle paure, delle fobie, delle angosce che accomunano senza differenze tutti gli esseri umani. Jagger e gli altri compresi.