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Omofobia e Islam, un binomio non inscindibile grazie al coraggio di pochi

Autore: Renata Pepicelli
Testata: Huffington Post Italia
Data: 15 giugno 2016
URL: http://www.huffingtonpost.it/renata-pepicelli/omofobia-e-islam-un-binomio-non-inscindibile-grazie-al-coraggio-di-pochi-_b_10450244.html?utm_hp_ref=italy

La strage di Orlando evidenzia la stretta connessione esistente tra omofobia e islamofobia. Commenti e articoli nelle ultime ore hanno mostrato quanto entrambe queste paure che hanno per oggetto "l'altro" siano radicate nel pensiero comune.

Se da un lato vi è l'idea - diffusa tra molti musulmani (e anche non musulmani) - che l'Islam vieti categoricamente l'omosessualità, dall'altro lato vi è la convinzione che l'Islam - in quanto intrinsecamente omofobo - rappresenti una minaccia per i diritti umani e la democrazia. A ben vedere si tratta di due visioni che si nutrono l'una dell'altra, dove l'una diviene facilmente giustificazione per l'altra, nascondendo una realtà complessa e variegata.

È indubbio che nelle culture musulmane - così come nella tradizione ebraica e in quella cristiana - vi è una radicata condanna dell'omosessualità. Molti, tra studiosi e credenti, sono convinti che il Corano sia esplicito in proposito, in particolare laddove narra la storia del profeta Lot e la condanna del suo popolo. Ai loro occhi i versetti 80-81 di Sura VII ne sarebbero una riprova inequivocabile: "E Lot quando disse al suo popolo: commettete l'ignominia come nessuno di coloro che vi ha preceduto in uno dei mondi; invero avete rapporti con gli uomini per piacere senza le donne, siete un popolo di trasgressori". Ed è altrettanto indubbio che negli stati a maggioranza musulmana vi è una diffusa condanna legale dell'omosessualità.

Ma, come sottolineano Jolanda Guardi e Anna Vanzan nel volume "Che genere di Islam. Omosessuali, queer e transnazionli tra shari'a e nuove interpretazioni" (Ediesse 2012), la storia dell'omosessualità nelle società musulmane è complessa e presenta sostanziali variazioni nel tempo e nello spazio. Le diverse realtà socio-geografiche hanno offerto e offrono a tutt'oggi un trattamento diverso all'omosessualità. Se un omosessuale in Iran rischia fino alla pena di morte, in Marocco, in base all'articolo 489 del codice penale, incorre in una punizione che va da sei mesi a tre anni di carcere, oltre a una pena pecuniaria. Vi sono inoltre tra gli stessi musulmani una vasta gamma di atteggiamenti verso la libertà negli orientamenti sessuali, da quelli di assoluta riprovazione a quelli di accettazione. D'altronde gli omosessuali nel mondo musulmano sono una realtà sempre più visibile sia nella diaspora che nei paesi a maggioranza islamici, malgrado la repressione dei regimi e quella diffusa cultura della vergogna (dell''eib per dirla in arabo) che condanna qualunque deviazione dalla norma. Recente esempio della crescente visibilità della comunità LGBTQI nel mondo arabo è stato lo svolgimento del primo Gay Pride in Tunisia a marzo del 2015. Se molte persone LGBTQI si muovono al di fuori o in aperto contrasto con la religione, è in crescita il numero di coloro che sono alla ricerca di una conciliazione tra la fede e le scelte sessuali a partire da nuove interpretazioni dei testi sacri dell'Islam, come racconta il libro di Afdhere Jama "Queer Jihad: LGBT Muslims on Coming Out, Activism, and the Faith".

Un caso che ha acquisito una certa notorietà in Europa è quello del franco-algerino Ludovic-Mohamed Zahed, considerato uno dei primi imam omosessuali. Zahed è convinto che nel Corano non ci sia alcuna interdizione all'omosessualità e che ci sarebbero anche degli hadith (detti e fatti attribuiti al Profeta) che parlano della protezione degli omosessuali da parte di Mohammed. Per questo nel 2010 ha fondato l'associazione HM2F (Omosessuali musulmani di Francia) e nel 2012 ha aperto a Parigi la prima moschea inclusiva. Il suo non rappresenta un caso isolato, accanto a lui in questi anni sono emerse altre figure di imam omosessuali: Rahal Eks in Germania, El-Farouk Khaki in Canada, Muhsin Hendricks in Sud Africa, e Daayiee Abdullah negli Stati Uniti, la cui voce in questi giorni si è molto sentita a commento dei fatti di Orlando. Si tratta di realtà estremamente minoritarie, condannate dal pensiero dominante, ma non si può non tenerne conto in quanto espressione della pluralità del mondo musulmano.

Anche in Italia si è osservato l'emergere di esperienze simili, come quella del MOI - Musulmani Omosessuali in Italia, nato nel 2011. È il primo progetto italiano di media-attivismo, cultura, ricerca ed informazione rivolto alle persone LGBTQI di religione, cultura o famiglia musulmana, nate o immigrate in Italia, che aderisce alla Confederazione delle associazioni LGBTQI euro-africane e musulmane (CALEM).

Per queste realtà oggi la principale sfida è quella di superare omofobia e islamofobia. Uno strumento per orientarsi in tal senso, utile a combattere stereotipi di varia natura è un romanzo dai tratti autobiografici ambientato in un paese arabo indefinito - un mix di più realtà mediorientali - la cui trama si sviluppa lungo l'arco della cosiddetta "primavera araba". Tradotto dalla casa editrice e/o, "Ultimo giro al Guapa" di Saleem Haddad racconta, attraverso la storia di un ragazzo omosessuale, Rasa, una generazione di giovani che, sebbene schiacciata tra "autoritarismo e terrorismo", non smette di lottare contro la repressione dei regimi al potere che cercano di silenziare voci e corpi dissidenti. Sottraendosi a semplicismi di ogni sorta e esotismi di maniera, Haddad è capace di andare ben oltre l'omosessualità - che è solo un aspetto delle identità di un individuo - e restituirci l'immagine di una gioventù araba che sfida oppressioni plurime: politiche, familiari, tradizionali, nazionali e internazionali. Un libro "contro le discriminazioni di genere, il neo-orientalismo e la guerra al terrore", proprio come sono definite le performance notturne di Maj, uno dei personaggi meglio riusciti del libro. Attivista per i diritti umani di giorno, di notte Maj si traveste da drag queen e balla nelle viscere del Guapa, un bar in cui ragazzi e ragazze si riprendono la libertà di scelta. Non diversamente da quanto stavano facendo coloro che ballavano al Pulse di Orlando la notte del 12 giugno.