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La libreria del buon romanzo

Testata: Dodici&Dodici
Data: 21 luglio 2016
URL: https://dodiciedodici.wordpress.com/2016/07/20/la-libreria-del-buon-romanzo/

L’utopia della libreria di qualità

Chiunque ami la letteratura e desideri al contempo avere un proprio negozio di libri amerà questo romanzo firmato dall’autrice francese Laurance Cossé. La storia è semplice: quando l’aristocratica «dama gentile» Francesca Aldo-Valbelli incontra, nel seminterrato di una cartolibreria della piccola località sciistica Méribel, l’esperto venditore di libri Ivan Georg, gli propone di dar forma insieme a un progetto destinato a cambiare drasticamente il mondo editoriale e librario della Francia e del mondo. I due, infatti, spinti dalla passione comune per il buon romanzo, per quei capolavori irrinunciabili patrimonio dell’umanità, stabiliscono di aprire una libreria in pieno centro a Parigi, nei pressi dell’Odéon: lei, che ha ereditato una cospicua eredità dalla pubblicazione dei diari dell’amato nonno, finanzierà il progetto, lui farà il libraio. Per scegliere i libri da mettere in vendita i due sognatori si affidano alle liste top secret di otto membri selezionati tra le migliori penne di tutta la Francia.

Il progetto, contro ogni previsione, decolla. La qualità vince contro qualsiasi pronostico commerciale e di marketing e, per un po’ di mesi, la serenità e l’armonia regnano sovrani all’interno del Buon Romanzo.

Poi, come in ogni fiaba che si rispetti, l’invidia pende il sopravvento e si manifesta nei panni di detrattori senza identità che denigrano l’immagine della libreria, che si fanno beffe di Ivan e Francesca e che arrivano a diffamare i due pur di vederli distrutti. Il romanzo si trasforma in una lotta manichea tra il Bene e il Male: da una parte gli angeli custodi del libro, dall’altra chi ne vorrebbe decretare la morte.

Ivan, Francesca, Anis

All’interno di un contesto in cui il progetto del Buon Romanzo ottiene su di sé la massima attenzione, non possiamo non spendere poche parole su come l’autrice abbia pennellato dei personaggi a tutto tondo, ben lungi dall’essere “tipi”, ma piuttosto personalità psicologicamente complesse e di difficile analisi.

Ivan è nato per fare il libraio. Lui vive di letture, prova un gusto tutto suo nel trasmetterle e nel tramandare le proprie idee, assapora i romanzi che legge e gli viene naturale far innamorare gli altri dei capolavori che fanno parte della sua vita. In lui la vita reale e quella di carta si fondono in un flusso continuo di immagini e di idee. C’è poesia in questa figura naïf d’altri tempi, che non potrebbe stare altrove se non in un romanzo ambientato in una libreria francese.

Francesca teme il giudizio del grande pubblico e per questo non si espone e non varca quasi mai la soglia del Buon Romanzo. Lo osserva da lontano, come da lontano osserva una storia d’amore di cui prova un’amara e sublime gelosia. È raffinata, elegante, le sue parole sono le parole di una donna che ha conosciuto il buio, ma che trasmette la luce. Penso che non si possa non provare stima per un’anima come la sua in cui fragilità e forza convivono in un impasto perfetto.

E infine c’è Anis. A dire il vero non provo molta simpatia per lei, per quanto in parte susciti tenerezza. La «piccola» Anis è la donna (forse meglio dire ragazza) che si lascia corteggiare da Ivan. Inesperta, a tratti dispettosa, impaurita; ci si affeziona a lei come a una sorellina più piccola, che si nega l’amore facendosi un torto, ma che non può opporvi resistenza in eterno.

Un giallo che giallo non è

A molti piace etichettare i romanzi e dar loro una definizione. Questo libro sfugge, in qualche misura, alle classificazioni e in parte gioca con il lettore disattento, che, a partire dall’incipit, può pensare di aver acquistato un giallo. Tre attentati, molto ravvicinati tra di loro: uno ai danni di un oscuro personaggio, accanito bevitore dall’atteggiamento misantropo, che poi si rivelerà un esperto di Stendhal in crisi perché per lunghi periodi non riesce a scrivere, l’altro un prolifero e noto scrittore di nome Le Gall, l’altra una giovane mamma che più tardi si scoprirà essere autrice di noti romanzi a sfondo erotico-pornografico firmati sotto pseudonimo.

La costruzione della storia, in generale, è articolata e costruita ad arte: c’è un poliziotto che indaga, un lungo racconto in flashback, un’indagine, una storia d’amore (e forse anche un’altra) e una voce narrante che mette in crisi il lettore perché rimane avvolta nell’ombra fino all’ultima pagina.

Distopia realistica

Mentre leggevo ho immaginato una libreria del genere a Roma e ho pensato che sarei stata sicuramente una frequentatrice accanita (per non dire che mi piacerebbe fosse mia). Si sogna nelle pagine in cui il progetto prende forma, si riesce a sentire l’odore della carta, il fremito di emozione ogni volta che arriva un pacco in consegna con i libri da mettere in ordine negli scaffali, si fanno calcoli, si sente l’ansia poco prima dell’apertura.

Ma poi si prova rabbia quando «i bruti» senza nome e senza volto offendono e scalfiscono l’immagine del progetto. Si prova rabbia perché ognuno di noi sa che quei bruti esistono davvero: sono gli editori che pubblicano spazzatura pur di vendere, sono i lettori che si accontentano di tutto ciò che viene loro propinato, sono le librerie che espongono pile di best seller senza valore.

Mentre il progetto di Ivan e di Francesca viene aggredito con tutti i mezzi, mentre il sorriso di Francesca si spegne ogni giorno di più, mentre i sogni di Ivan cadono in pezzi, il lettore sa per certo che quei bruti non sono solo nell’immaginazione fervida di Cossé, ma sono lì, in agguato, pronti a tarpare le ali a ogni iniziativa, pronti a spegnere il fuoco di ogni nuovo progetto.