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Bartolomei trova la grazia anche nel "demolitore"

Autore: Alessandro Ferrucci
Testata: Il Fatto Quotidiano
Data: 21 novembre 2016

Fabio Bartolomei ha un suo stile riconoscibile. Una sua cifra. Un suo garbo nella costruzione delle storie. Non cerca quasi mai il colpo a effetto, lima le parole, non vuole gridare, non cerca neanche la risata grassa, preferisce un tepore costante, un rilascio lieve di piacere letterario: è come risultare sexy senza volerlo dimostrare a tutti i costi. E a tutti.

Ha da poco pubblicato il suo quinto libro, “La grazia del demolitore” (edizioni E/O), storia di un giovane rampante, figlio di un celebre costruttore, mattoni e business fin dalle prime poppate, assenza di scrupoli da business nella formazione, corruzione e business per dimostrarsi all’altezza del genitore.

ALL’IMPROVVISO questo ragazzo si innamora senza accorgersene di una ragazza cieca accompagnata da un cane cieco, e cambia totalmente la percezione e lo scopo della sua vita: scatta l’emancipazione, l’orgoglio, il primo percorso mentale indipendente, la relativizzazione del proprio credo, la voglia di costruire, non di "demolire".
Tutto bene.
Non è una questione d happy end, le pagine non sfociano neanche nella commedia romantica, esistenziale o semplicemente educativa. Non è questo. Quello di Bartolomei è un realismo magico, a volte surreale, atto a condurre il lettore verso lidi inesplorati, a concedere alla storia sfumature di mancato pragmatismo, a incasellare immagini e sospiri, piccole riflessioni senza eccessi pedagogici, la consapevolezza di voler – inizialmente – guardare anche solo il dito per poi allungare lo sguardo verso la luna.
Lo stesso stile riscontrato già dal primo romanzo, “Giulia 1300 e altri miracoli”, portato al cinema da Edoardo Leo, con un film all’altezza della scrittura (caso raro), le sue atmosfere rispettate. Già allora, con “Giulia”. il lettore arrivava a metà del romanzo con un interrogativo: dove vuole arrivare l’autore? Oppure: come risolverà questa situazione impossibile? Tanto da poter generare piccoli dubbi sullo sviluppo, sulla coerenza, se è plausibile. Eppoi, la magia, la soluzione, la scoperta che quel filo in teoria sottile tra possibile e irreale, tra credibile e ridicolo, tra giusto e costruito, si risolveva e si risolve nella coerenza letteraria.

LA COERENZA abbracciata nei romanzi successivi, a partire da “La banda degli invisibili” (arzilli ottantenni-partigiani con l’idea-necessità sociale e culturale di rapire Silvio Berlusconi per mantenere intatto lo spirito della Lotta), quindi “We are family” e “Lezioni in paradiso”.
Ah, probabilmente non vedrete mai Fabio Bartolomei in televisione, o protagonista di qualche dibattito pubblico. Non li ama particolarmente. Non ama apparire, non ama andare oltre. Ama narrare.