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Il grande romanzo della storia americana

Autore: Alessio Belli
Testata: Flanerì
Data: 13 febbraio 2017
URL: http://www.flaneri.com/2017/02/13/la-baia-james-michener/

«Era ancora di mirabile bellezza, con vedute ineguagliabili su tre lati e un caldo senso di sicurezza offerto dai pini altissimi e dalle solide querce. Su quel promontorio, ci si sentiva parte del vasto panorama delle baie, fiumi e insenature e al tempo stesso parte di un piccolo mondo ben protetto».

Quando si studia Storia del cinema all’università, un film imprescindibile è Nascita di una nazione di David W. Griffith. Il nome di questa pietra angolare della cinematografia sarebbe il sottotitolo perfetto per l’opera in questione: La baia (Edizioni e/o, 2016), monumentale romanzo di James A. Michener sulla nascita – e crescita – degli Stati Uniti d’America. Quanto monumentale? Qualche dato: poco più di 1200 pagine e un arco temporale che va dal primo viaggio del 1583 al 1978. Genesi e sviluppo narrati da Michener in maniera unica. Una cura del dettaglio e della veridicità storica accurata fino al maniacale, innestata in un’avvincente e profonda vicenda umana: un’unione perfetta e appagante in grado di creare un romanzo davvero prezioso.

Michener sceglie di raccontare questi secoli a stelle e strisce plasmando dei personaggi le cui storie e percorsi si intrecceranno con la storia con la S maiuscola. L’incedere di La baia è coinvolgente fin da subito. Abituati come siamo ai tempi scanditi dalle serie tv sulle grandi vicende familiari o storiche (vedi Il Trono di Spade, anch’esso tratto da monumentali romanzi), molti lettori “cadranno nella tentazione” di associare l’evolversi dell’opera a quello di varie puntate di una serie tv kolossal. Ecco allora la telecamera di Michener zoomare sul primo personaggio: l’indiano Pentaquod. È in fuga: la sua tribù nativa lo ha condannato e l’unica via di salvezza è il fiume Chesapeake. Il vero protagonista è proprio il fiume – non a caso il titolo originale è Chesapeake –, l’attore che partecipa a tutte le scene giocando un ruolo basilare. Esiti infausti e fortunati, infatti, avranno come sfondo il “Grande Fiume”: sarà lì che gli indiani ammireranno sconvolti l’arrivo della gigantesca imbarcazione con all’interno degli “esseri luccicanti”. La nuova tribù di Pentaquod non riesce a capirlo, lui sì: quella visione segnerà la fine del suo popolo – «Perchè ci uccidono?» «Siete indiani».

Mechener ci racconta in questo inizio, con caparbio fare documentarista, usi e costumi indiani: cosa che farà in maniera ancora più esaustiva ed enciclopedica riguardo alla nascita dei quaccheri o alle atroci persecuzioni dei primi inglesi cristiani sbarcati in Massachusetts, avvicinandoci così all’arrivo di un altro grande patriarca di La baia: Edmund Steed. È in fuga anche lui: l’Inghilterra ne perseguita il culto, tortura orribilmente la sua famiglia e l’unica possibilità di sopravvivenza è quella di assecondare nei suoi viaggi il Capitano John Smith (sì, quello di Pocahontas: non bello come ve lo immaginate) verso il Nuovo Mondo. Sarà la scelta giusta: da reietto a signore del tabacco, Steel incrocerà le sue sorti con quelle del saggio Pentaquod e della sua bellissima figlia, e del terzo – depravato e scellerato – personaggio in fuga: Timothy Turlock. «Un furetto». Così lo vede il giudice che sta per condannarlo alla forca. Eppure anche Turlock – e la sua discendenza – troverà nuova vita lungo il Chesapeake. Questa è solo la “trinità” iniziale che appare nelle fittissime pagine di Michener che arriveranno al Watergate passando per Lincoln.

Quale modo più intrigante per conoscere la storia americana? Lo scrittore in alcuni momenti ricorda molto l’Umberto Eco di Il nome della rosa. Emblematico il passo in cui si descrive minuziosamente la costruzione di una nave a opera di un altro personaggio fondamentale: Edward Paxmore. Michener si prende tutte le pagine necessarie per cesellare le ambientazioni (tra Revenant e Gangs of New York, per continuare con gli esempi cinematografici), la vita e i processi delle sue creature ed è davvero impossibile non legarsi agli sviluppi dei protagonisti, alle loro ambizioni, agli amori, ai tormenti.

L’obiettivo dell’opera (perfettamente raggiunto) non è la mera cronaca storica ma mostrarci la vera e viscerale anima americana. Ogni famiglia ne rappresenta un aspetto: gli Steed sono gli uomini di fede, retti e puri, votati al sogno in tutto e per tutto; i Paxmore sono la laboriosa e umile working class; i Turlock gli ambiziosi e senza scrupoli, disposti a tutto pur di guadagnare.

Leggete i giornali e le news di questi giorni e vedrete come Michener abbia fatto centro. Buon viaggio, l’America vi aspetta.