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Salerno, a Massimo Carlotto il Premio Veraldi

Autore: Massimiliano Amato
Testata: Repubblica Napoli
Data: 20 febbraio 2017
URL: http://napoli.repubblica.it/cronaca/2017/02/20/news/premio_veraldi-158745857/

Oreste del Buono, che di “scuole di duri” aveva cominciato ad occuparsi fin dai tempi dei gangster metropolitani di Scerbanenco, se ne uscì con un entusiasta “E’ il più bel giallo che abbia mai letto”. Era il 1976: “La mazzetta”, romanzo d’esordio di Attilio Veraldi con al centro un torbido intrigo vesuviano e un personaggio che Nino Manfredi avrebbe reso indimenticabile sul grande schermo, Sasà Iovane, avvocato-commercialista-spicciafaccende, trovava subito un’inaspettata consacrazione nel giudizio di uno dei critici più esigenti.

Di Veraldi, autore di noir di successo, ma anche traduttore dalla vita avventurosa, Napoli ha quasi perso memoria. Eppure è stato un precursore, un “maestro”. L’inventore della via napoletana all’hard boiled. Uno spartiacque tra il giallo tradizionale, classico, e le nuove tendenze del poliziesco mediterraneo. Duro. Spietato. Come la metropoli, cupa e feroce, che raccontava. Dopo “La mazzetta” sarebbero arrivati “Uomo di conseguenza”, “Naso di cane” e “L’amica degli amici”, con i quali Veraldi illustrò meglio di centinaia di saggi la transizione, avvenuta tra la prima metà degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, dalla vecchia camorra degli “uomini di panza” alle nuove bande di gangster in lotta tra loro per il mercato della droga. Fino ai clan-impresa del dopoterremoto, quando la criminalità organizzata napoletana mutò definitivamente pelle, confondendosi con il tessuto economico “legale”. Addirittura profetico “Il vomerese”, storia di terrorismo rosso ambientata nella Napoli degli anni Settanta in cui la violenza politica si mescolava spesso con quella camorristica.

Ora un gruppo di appassionati salernitani del genere – tra cui giornalisti, scrittori e registi teatrali, raccolti nell’associazione “Porto delle nebbie” (chiaro il riferimento a Simenon) – prova a riavvolgere, a quasi 18 anni dalla morte, questo lungo filo rosso narrativo. Istituendo il “Premio Attilio Veraldi alla carriera”. Il riconoscimento sarà assegnato ogni anno allo scrittore italiano di noir, gialli e polizieschi che maggiormente si sarà avvicinato, con la sua opera, “allo stile, ai toni e alle tematiche affrontare dal maestro”, si legge in una nota. Il primo vincitore c’è già: è Massimo Carlotto, scrittore padovano, una delle voci più innovative del noir italiano, papà dell’Alligatore, Marco Buratti, malinconico investigatore privato che si muove nelle brume, meteorologiche e esistenziali, del “mitico” Nord-Est a ritmo di blues. Un “duro” affiancato da altri due duri, Beniamino Rossini e Max La Memoria, con i quali sbroglia ingarbugliate matasse delle quali la Legge, quella con la maiuscola, giammai riuscirebbe a trovare il bandolo.

Carlotto ritirerà il Premio Veraldi il prossimo 4 marzo al Museo diocesano di Salerno, nell’ambito della giornata conclusiva de “Le notti di Barliario – SalerNoir Festival”. Una rassegna di letteratura gialla, noir e poliziesca ispirata alla figura semileggendaria di Barliario, mago-guaritore della Salerno medievale che, giunta alla terza edizione, per tre giorni, dal 2 al 4 marzo appunto, propone presentazioni di libri, incontri con gli autori e di questi ultimi con gli studenti dei due licei classici cittadini, il “Tasso” e il “De Sanctis”, reading e cene letterarie.

Insieme all’omaggio al grande scrittore napoletano, SalerNoir Festival assegnerà altri due riconoscimenti: il Premio Barliario, ancora per quest’anno alla carriera (ma dall’anno prossimo, assicurano gli organizzatori, sarà vero e proprio concorso letterario) ad un altro grande napoletano, Maurizio de Giovanni, e al miglior racconto noir presentato dagli studenti delle due scuole coinvolte. Un quarto premio sarà assegnato da uno degli sponsor della manifestazione, che è organizzata in collaborazione con le Fondazioni Cassa di Risparmio Salernitana e Copernico e gode del patrocinio del Comune di Salerno.

C’è anche una “chicca” finale: un reading teatralizzato di “Scicco, racconto di mariuoleria”. Forse il romanzo più bello di Veraldi. Quello in cui il maestro ritrova i luoghi della sua giovinezza, i vicoli di Napoli, dei quali riesce a restituire suoni, colori, sapori e odori attraverso un argot napoletanesco impastato nella parlata della plebe che li popola.