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Isole minori di Lorenza Pieri

Testata: E daje, apri sto blog, su
Data: 1 aprile 2017
URL: https://edajeapristoblogsu.wordpress.com/2017/04/01/isole-minori-di-lorenza-pieri/

Quarant’anni di storia italiana. Un percorso lunghissimo, durante il quale l’unica cosa ferma è l’Isola del Giglio, che accoglie, viene invasa, viene abbandonata, ma sempre resta in attesa di chi voglia tornarci.

Un’isola minore. Così come minore è Teresa, la voce narrante, una sorella minore e una persona che si sente minore rispetto agli accadimenti della vita. Teresa, sorella minore di Caterina

“Caterina il sole, io la sua ombra.
Caterina che piange di rabbia, io che rido per niente.
Caterina e le sue storie, io il suo pubblico.
Caterina l’avvocato, io il cliente assolto.
Caterina rossa, tra i rovi e l’erba secca, io mora tra i papaveri e le ginestre.
Caterina continente, io isola minore.”

Caterina, “la parte intelligente di me, la mia complice aguzzina, la mia metà cattiva, la metà più amata, quella che mi sarebbe mancata sempre”.

Teresa soffre. Ma si consola con il sostegno che Caterina le fornisce, a suo modo. “Faceva finta di leggere e si inventava ogni sera una storia nuova per me, e anche se io lo sapevo mi piaceva quel momento.”

Una storia che sembrerebbe una celebrazione tutta declinata al femminile

“Eravamo una strana pianta di frutti donna, trapiantata dalla Pianura Padana all’isola, in cui mio padre aveva tessuto la sua comoda tela di ragno, senza averlo davvero deciso, servito e riverito in quanto unico uomo e in quanto tale anche sempre sorvegliato e criticato”.

Nonnalina, Elena La Rossa, Caterina, Teresa. In ordine di apparizione e in ordine d’importanza. Teresa, almeno, percepisce questa realtà. Nonnalina, che ha fatto tutto da sola, i suoi uomini restano in una cornice di legno con cinque ovali. Elena, sua figlia, “un essere soprannaturale, la mia madreperla, quella che sapeva e faceva la storia, la donna – come mia nonna del resto – della quale non sarei mai stata all’altezza.”

Teresa soffre, perchè sua nonna e sua madre hanno esperienze e ricordi da piedistallo, da tramandare. Lei sente di non avere nulla, che nulla avrà, si sente un ingranaggio invisibile, si sente un passeggero nella macchina della Storia, mai guidatore. Le sue giornate sono piene di pesca col padre, di sole e di maestrale, di passeggiate e di nuovo pesca con Pietro, il suo amico d’infanzia. Le sue giornate in uno scenario da sogno.

“Che c’è? Perché ti sei fermato?”
“Niente, volevo solo guardare le stelle”.
In effetti, c’era un cielo che solo lì. Un cielo tutto spento e nerissimo, con le stelle tirate a lucido dalla tramontana. Era quello il tetto di casa.”

“Di fronte a me si apriva una distesa di mare che sembrava far finire tutto sulla linea più scura che divideva il cielo dalla terra, l’orizzonte senza un dopo. Bastava quello per sperare in Dio.”

I ricordi dell’infanzia per Teresa non sono quasi mai dolci, sono spesso tristi, dolorosi. Sono quelli di una famiglia sempre inquieta, che cerca pace e non la trova, ci sono le incomprensioni, ci sono i litigi, c’è una sorella che si ribella, che recita la parte della cattiva, senza alcun freno alla lingua, che sa far male. In tutto questo si innesta la Storia, che riesce a portare lo scompiglio in questo luogo pacifico, arrivano Freda e Ventura al confino, c’è la ribellione degli abitanti, già scostanti di loro verso i turisti, figuriamoci contro i terroristi.

Questi arrivi scompaginano ancora di più le fila di questa famiglia. Teresa cresce. Teresa lascia l’isola, la lascia e ritorna più volte. Cerca una sua strada, nuovi orizzonti, cerca di trovare soddisfazione nel lavoro, ma fallisce, non si sente mai soddisfatta. Teresa ha la sua visione della vita, sbatte la testa in rapporti sbagliati e da dimenticare, ma prosegue.

Mi chiesi se mi mettessi di proposito in situazioni ambigue e strazianti, se non mi piacesse giocare apposta sempre all’ultimo minuto per lasciare campo libero agli alibi e alle ipotesi fantastiche, più facili da affrontare nella vita vera, che non ti risparmia mai la delusione di mostrarsi per com’è, nuda, in piena luce, magari senza una gamba e con un cuore arido.

“Che uso avevo fatto della mia libertà fino a quel momento? L’avevo usata per far contenti gli altri. Adesso era il momento di far contenta me stessa. Adesso ero io che contavo per prima.”

“Teresa, sei veramente unica, solo tu riesci a trovare del bello anche nelle cose sbagliate, sei come una a cui è stata data la mappa del tesoro, però perde la strada perché si distrae, scava in un punto a caso, invece del tesoro trova un pezzo di quarzo e pensa che il tesoro sia quello. Tuo figlio sarà un bambino fortunato, ha una mamma col talento per la felicità.”

Teresa, convinta del bicchiere mezzo pieno, alla fine. Teresa, che pensa che la vita alla fine ti metta sempre in pari, “gioco a somma zero”, che per una morte dolorosa ci spetti un risarcimento, un figlio guadagnato.

Questo romanzo è una formazione personale e umana, è alla fine l’arrivo di una consapevolezza, l’accettazione del fatto che si è quel che si è, che, se si è minori, bisogna farci i conti e proseguire. Il Giglio aspetta. Immobile. E Teresa torna. Il libro è un omaggio alla Morante, a quell’Isola di Arturo, “quella che credevi un piccolo punto sulla terra, fu tutto”.

Ma anche questo tutto, così fisso, immobile, rassicurante per certi versi, può cambiare, perchè l’uomo è capace di portare cambiamenti e sconvolgimenti ovunque. Tutto è fragile, non solo Teresa. Anche quel paesaggio da cartolina improvvisamente può oscurarsi, per la sagoma di una nave che va ad inclinarsi sulle sue rive. Il secondo evento storico drammatico su cui si chiude questo racconto lungo quarant’anni.

Questo libro è fatto di partenze e di ritorni, anche di un amore che parte e poi ritorna. Ho detto sembrerebbe declinato interamente al femminile, ma le presenze maschili, invece, contano. E mi hanno regalato le pagine migliori, quelle più commoventi.

Mi piace questa scrittura, così sincera, gradevolissima, limpida, fresca come la tramontana che descrive. Mi ha tenuto incollato alle pagine senza alcuno sforzo. I rapporti personali familiari sono descritti alla perfezione. Per oltre metà romanzo si soffre e ci si commuove intensamente. Forse l’arrivo della maledetta nave da crociera ha rovinato il Giglio nella realtà, e forse ha “sporcato” un po’ anche la genuina bellezza di questo romanzo, forse i fatti di cronaca hanno un po’guastato la freschezza del racconto.

Ma in complesso è un libro che si legge con passione, con partecipazione, un libro che ti fa venir voglia di leggere.