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Victor Serge: Memorie di un rivoluzionario

Autore: Matilde Quarti
Testata: Panorama.it
Data: 15 maggio 2017
URL: http://www.panorama.it/cultura/libri/victor-serge-memorie-di-un-rivoluzionario/

Lo strillo scelto per la quarta di copertina di Memorie di un rivoluzionario di Victor Serge (e/o 2017) è di Massimo Carlotto (altro importante autore della casa editrice romana) e riassume alla perfezione quella che è la caratteristica principale di questo denso memoir che ripercorre la storia europea e russa dai primi del novecento alla fine della Seconda Guerra Mondiale: “La straordinaria bellezza di questo libro è nelle descrizioni dei personaggi”.

È proprio vero: sono i personaggi, le persone incontrate da Victor Serge nella sua vita di rivoluzionario che ha attraversato due guerre e il secolo più breve e spietato di tutti, a fare la sostanza delle sue memorie. Personaggi di primo piano nella politica novecentesca, come Maksim Gor’kij o Lev Trockij, ma anche figure secondarie per le sorti delle grandi dinamiche storiche, che hanno contribuito con le loro piccole gesta, le loro azioni e la loro perseveranza alla grande storia del continente europeo. È il caso di Rirette, “piccola militante aggressiva e sottile, dal profilo gotico” conosciuta negli anni giovanili a Parigi. Sembra di averla davanti agli occhi, e con lei tutti i militanti frequentati da Victor Serge nelle bettole di Montmartre. Potrebbero essere attivisti dei giorni nostri, in piazza esedra a Roma o nel porto di Genova: pulsano energia.

Diventare la storia

Quella di Victor Serge è una vita per molti versi sregolata, dominata dalla prassi a cui tutto segue. La stessa formazione culturale dell’autore, che pure è approfondita e vasta, non avviene mai sui banchi di scuola, ma studiando alla luce di una candela mentre nelle sue giornate si arrabatta di lavoro in lavoro e partecipa ai sommovimenti anarchici, comunisti e libertari dal Belgio alla Francia.

La narrazione che Serge fa della sua vita è serrata, non lascia spazio a lirismi e inanella avvenimenti uno dietro l’altro fino all’ultimo respiro. Non è lui a dover spiegare ai suoi lettori la storia da manuale, i nomi che dovrebbero conoscere come grandi e terribili. Si limita a raccontare il dispiegarsi degli eventi così come se li è trovati davanti, indugiando piuttosto in piccoli particolari: il colore di una blusa, il volto tirato di un condannato a morte, il freddo del vento di Russia che penetra tra i baveri dei cappotti. Sono queste note minime che, unendosi con i mille personaggi che popolano i racconti di Victor Serge, rendono davvero credibile Memorie di un rivoluzionario. La storia che studiamo, sembra dirci l’autore, non è altro che il brulicare umano su questa terra. Il fare e disfare, lo slanciarsi e lo sbagliare, di tante minuscole persone.

Il pensiero e la prassi

Pur guidato dall’ideologia, Victor Serge non è mai ideologista, come abbiamo modo di constatare nei capitoli dedicati al periodo russo. Prima a Pietrogrado, dunque a Mosca, Victor Serge riconosce subito il pericolo di quel comunismo che ha dato spazio, dopo la rivoluzione a meccanismi dittatoriali spietati. Schierato con i bolscevichi, Victor Serge evita qualsivoglia posizione di comando e, anzi, cerca di adoperarsi per la liberazione di quei prigionieri ingiustamente trattenuti o condannati a morte. L’attivismo di Serge, insomma, non è mai distinto dalla continua elaborazione intellettuale degli avvenimenti, dalla riflessione incessante sulle sorti dell’uomo.

L’ultimo, accorato capitolo delle memorie di Victor Serge è allora da questo punto di vista programmatico, un lascito ai futuri lettori che pure Serge, osteggiato dalle case editrici di destra perché comunista e dalle case editrici di sinistra perché duro nei confronti del regime stalinista, non può giurare ci saranno. L’autore, consapevole dell’uragano di avvenimenti e di nomi che si è lasciato alle spalle, identifica esplicitamente l’individuo con la prassi, e sottolinea l’importanza del pensiero, come sostegno fondamentale di ogni azione. Victor Serge d’altronde ha vissuto in prima persona la repressione di questo pensiero, anche durante la dittatura del proletariato, e il suo messaggio è quanto mai esplicito: non smettere di lottare, non smettere di pensare.