Login
Facebook
Twitter
Instagram
Newsletter

Tempo Assassino – Michel Bussi

Autore: Ilaria D'Angelo
Testata: Piego di libri
Data: 31 maggio 2017
URL: http://www.piegodilibri.it/recensioni/tempo-assassino-michel-bussi/

Michel Bussi è famoso per ambientare quasi tutti i suoi romanzi gialli – che riscuotono da qualche anno il plauso sia della critica che dei lettori – in Normandia, terra in cui è nato e cresciuto. Eppure la sua ultima fatica, Tempo assassino, non ha praticamente niente a che fare con la Normandia, come se lo sguardo dello scrittore fosse rimasto incollato a una delle più belle isole del Mediterraneo e abbia deciso di indugiare lì, un po’ perdendosi tra la bellezza ardente del mare e il verde incontaminato dell’interno, ma soprattutto facendo stridere ad arte descrizioni di splendidi paesaggi e sordide storie di faide di famiglia.

Bussi nei precedenti romanzi ci ha abituato a intrecci se non perfetti, estremamente credibili, deliziando i nostri esigenti palati con una buona dose di colpi di scena grazie all’indubbia capacità dell’autore di tenere il lettore con il fiato di sospeso in attesa della prossima rivelazione – che già immaginiamo non sarà che un tassello del grande quadro finale. In Tempo assassino c’è tutto questo e, proprio come era stato per Ninfee nere, anche di più: c’è la capacità di creare un mistero, di rendere una storia in sé lineare qualcosa di molto simile a una gimkana tra le curve a strapiombo sul mare disegnate dalle strade còrse.

La domanda, allora, è come sia riuscito anche questa volta l’autore nell’impresa. Prima di tutto scegliendo il punto di vista di Clotilde – ma non solo la Clotilde contemporanea, ovvero, una quarantenne con un matrimonio infelice, una figlia adolescente amorfa e un passato tragico da sopravvissuta – bensì anche la Clotilde quindicenne che nel lontano 1989 annotava meticolosamente la sua vita su un diario vergando parola dopo parola il destino che l’avrebbe portata a essere orfana.

La Clotilde di allora e la Clotilde di oggi si vengono incontro seguendo inconsapevolmente un tracciato comune: la prima corre verso il misterioso incidente d’auto che la strapperà ai genitori e al fratello Nicolas, condannandola a una vita di ricordi in cui il tempo sembra essersi fermato alla data del 23 agosto 1989, e, precisamente, all’istante in cui l’auto del padre – una mitica Fuego rossa – invece di sterzare finisce per schiantarsi sulle rocce acuminate della Pedra Coda. La seconda protagonista, la Clotilde contemporanea, corre a ritroso, cercando quella che crede sia “la verità” sull’incidente, ma anche le sue stesse radici còrse piantate in profondità in quella terra proprio come il faggio che si erge maestoso di fronte alla casa dei nonni che non ha più visitato dal giorno dell’incidente. Ed è così che mentre la distanza tra le due Clotilde si assottiglia, la soluzione del mistero si avvicina, una soluzione che, come spesso accade per i romanzi gialli, ha tutto a che vedere con la natura umana, con i suoi vizi e le sue virtù, di cui un destino beffardo, ancora una volta, ha voluto prendersi gioco.