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“L’Oriente è una costruzione dell’immaginario”

Autore: Giuseppe Fantasia
Testata: Huffington Post
Data: 20 giugno 2017
URL: http://www.huffingtonpost.it/2017/06/20/l-oriente-e-una-costruzione-dell-immaginario/?utm_hp_ref=it-homepage

"L'Oriente è una costruzione dell'immaginario, un insieme di rappresentazioni in cui ciascuno, ovunque si trovi, attinge a proprio piacimento. È ingenuo credere, proseguiva Sarah ad alta voce, che questo scrigno di immagini orientali sia oggi peculiare dell'Europa. No. Questo patrimonio di immagini è accessibile a tutti e tutti vi aggiungono nuove figure, nuovi ritratti, nuove musiche, frutto della loro produzione culturale. Algerini, siriani, libanesi, iraniani, indiani, cinesi attingono a loro volta a questo forziere, a questo immaginario".

Queste parole sono di un'affascinante donna ebrea, Sarah, ma non è lei la protagonista di Bussola (Boussole), il romanzo (in Italia è pubblicato dalla casa editrice e/o nella traduzione di Yasmina Melaouah) con cui Mathias Enard, grande studioso e professore di arabo all'università autonoma di Barcellona, ha vinto il Prix Goncourt, massimo riconoscimento letterario francese.

Quella donna ha avuto – e continua ad avere – un posto speciale nel cuore di Franz Ritter, ma è lui il vero protagonista di questo libro ambientato in una sola notte totalmente trasfigurata, "una notte delle mille e una notte", come ci dice l'autore nel suo italiano perfetto - una delle tante lingue da lui parlate - quando lo incontriamo a Firenze, dove ha ricevuto un altro importante riconoscimento, il Premio Gregor Von Rezzori che premia ogni anno (questo è l'undicesimo) la migliore opera di narrativa straniera tradotta in Italia.

Franz è un musicologo viennese e un grande viaggiatore, è uno che conosce molto bene l'Oriente, anche perché lì vi ha vissuto e viaggiato a lungo. Nell'arco di una sola notte, guardandosi riflesso sul vetro della sua finestra mentre la pioggia scende ininterrottamente, ripenserà alla sua esistenza, "un riflesso doloroso, il sogno di un oppiomane".

Poco prima ha ricevuto una lettera proprio da Sarah oltre al responso medico con cui gli viene confermato di essere malato. L'insonnia è la normalità, soprattutto a quell'ora, e grazie alla stessa ripercorrerà le fasi della sua vita piena di studi e di curiosità, di incontri e di viaggi, di scoperte, ma – soprattutto – di amore per quella bellissima studiosa delle civiltà orientali che in un punto del romanzo Enard definisce una "detective selvaggia", omaggiando chiaramente Roberto Bolaño.

I pensieri di quell'uomo diventano così un monologo notturno in cui è facile perdersi tra nomi, luoghi, citazioni e ricordi che vanno e vengono di continuo, un piacere ben distribuito tra i vari capitoli che portano il nome delle ore della notte dove il tempo scorre a novanta secondi per pagina.

"Mi capita spesso, durante questo strano viaggio, a causa della stanchezza o quando ho bevuto troppo, che tutto diventi sfocato: più niente di ieri, scomparso ogni volto. È un grande spavento e insieme una grande tristezza".

Viaggiare è stata l'altra sua grande passione, da solo o in compagnia, e quella notte vuole provare a ricordarli rivivendone i frammenti, da Istanbul (che gli cambiò l'esistenza), ad Aleppo, da Damasco a Palmira e a Teheran. In ogni pagina troverete nomi di musicisti e di grandi scrittori oltre a molteplici e continui rimandi al mondo occidentale e a quello orientale, il terreno su cui camminano quell'uomo e le conoscenze che danno una forma ai suoi ricordi.

Quando ha scritto e perché una storia così?

"Ero molto giovane (ride, ndr). Studiavo all'università, erano gli anni Novanta, e volevo costruire una storia che andasse proprio ad analizzare il concetto di Orientalismo e i rapporti tra Oriente e Occidente dal punto di vista letterario, un lavoro immane, ma andava fatto. Imparai la lingua araba e il persiano studiate sul posto, trascorrendo quasi dieci anni in Medio Oriente, tra l'Egitto, la Siria, l'Iran e il Libano. Iniziai a raccogliere tutto il materiale, ma solo sette anni fa pensai a una sua possibile forma romanzata".

Ci sono stati, ovviamente dei precedenti, in letteratura, ma perché ha deciso di ambientare il libro in una sola notte?

"La notte è il momento per eccellenza della letteratura – quello delle "Mille e una Notte" come quello della "Ricerca del tempo perduto" – è un momento in cui si è sospinti a non avere paura e a sognare. Quella di Franz è sospesa nel tempo e che apre verso un'alba piena di speranza, una notte necessaria per ripensare a quello che è successo nella sua vita, per dimenticare il presente che non è certo dei migliori, un modo per salvarsi. Franz riesce ad affrontare tutto così, dall'amore alle complesse e profondissime relazioni che nei secoli hanno unito Oriente e Occidente fino a indagare sull'invenzione della categoria stessa di Oriente da parte degli studiosi occidentali".

Il romanzo, tra l'altro, è anche la storia di quegli orientalisti – viaggiatori, musicisti, scrittori, poeti e artisti - che hanno comunque formato e influenzato la sua scrittura: chi rappresentano?

"Sono dei viaggiatori malinconici innamorati di un sogno che è quasi sempre un miraggio, uomini che in quell'orizzonte e in quella passione di ricerca hanno perso il senno e la vita. Attraversano quelle pagine e le loro sono apparizioni più o meno effimere, ma quella fugacità non è fatta per disturbare, ma per far riflettere e capire che si può andare oltre la superficie delle cose".

Lei parla di un secondo Oriente, quello di Goethe ed Hugo, e di un terzo, quello di Berlioz che, come dice, non ha alcun rapporto con il reale ed è solo la proiezione delle violenze che non abbiamo il coraggio di perpetrare nella nostra civiltà. A ben vedere, dunque, tra Oriente e Occidente ci sono meno differenze di quanto si creda, è così?

"Abbiamo cercato di appropriarci dell'Oriente sottoponendolo ad una decostruzione. Non sappiamo vedere al di là del fanatismo religioso, ma ci sono tanti musicisti che vengono dal Libano e dalla Turchia, tanti artisti contemporanei che vengono dall'oriente... non lo vediamo, ma vediamo una frontiera immaginaria che ci separa dal fanatismo e dalla violenza del Medio Oriente. Questo non è che significa che non esistano violenze, ma questa storia viole testimoniare e documentare i mai interrotti dialoghi e scambi tra Est e Ovest. Oggi i jihadisti distruggono opere d'arte e bruciano gli strumenti musicali, ma dimenticano che gli stessi strumenti i franchi li copiarono dalla musica ottomana. La stessa cosa in Occidente: molti di coloro che hanno compiuto i terribili atti terroristici in Francia sono orientali nati e cresciuti in quel Paese, dei francesi a tutti gli effetti, e se sono arrivati a fare ciò, significa che in Francia c'è qualcosa che non va. È un problema interno all'Europa.

In tutto questo Franz, il protagonista, ne è un simbolo?

"No, rappresenta solo se stesso, non è un simbolo, ma solo un personaggio, un uomo che non ha molti amici e che è sempre concentrato su sé stesso. Non è però mai banale, come la musica e la letteratura".

Il tempo ha la sua importanza in tutto il romanzo, a cominciare proprio dalla bussola che segna sempre a est: perché ?

"È un oggetto contro il magnetismo terrestre, un oggetto che va al di là della fisica, necessario per scoprire nuove dimensioni. Ne avremmo tutti un po' bisogno".