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Un uomo vinto non si può fermare, perché non ha nulla da perdere

Autore: Massimo Mistero
Testata: Economia italiana
Data: 3 luglio 2017
URL: http://www.economiaitaliana.it/it/articolo.php/Un-uomo-vinto-non-si-puo-fermare-perche-non-ha-nulla-da-perdere?LT=CULT&ID=26309

Dopo aver debuttato lo scorso anno nella narrativa gialla con Un caso come gli altri, fra i cinque finalisti del premio Scerbanenco, Pasquale Ruju concede ora il bis, sempre per i tipi delle edizioni e|o, collezione sabot|age, con Nero di mare (pagg. 202, euro 16,00). Un raffinato romanzo che affonda i suoi contenuti nelle sconfitte quotidiane, nella ricerca della sopravvivenza, nella forza di reagire alle avversità, nella voglia di continuare a lottare per non perdersi: come peraltro ha appreso lo stesso autore dai comportamenti di uomini e donne, amici e parenti, «figli di un’epoca in cui la vita è stata più dura». Ruju, si diceva, una penna giovane per gli scaffali, ma supportata da molte altre significative esperienze: ha infatti lavorato in teatro, cinema, radio, televisione, nel doppiaggio (una voce calda e suadente, la sua); lui che, soprattutto, ha scritto - proponendosi come uno dei più qualificati protagonisti del fumetto italiano - oltre cento storie (leggi sceneggiature) per l’editore Sergio Bonelli nel filone che va da Dylan Dog a Tex, da Nathan Never a Dampyr e Martin Mystère. Un settore, quello dei fumetti, che ha peraltro partorito penne significative nel campo dei thriller, come quelle di Barbara Baraldi e di Paola Barbato: segno evidente di una crescente parentela fra i generi. In altre parole, quando la mano e l’inventiva ci sono dovrebbe risultare facile, almeno in apparenza, approdare su altri lidi narrativi. Come è appunto successo a Ruju. Merito peraltro dell’attenzione riservatagli da Colomba Rossi e Massimo Carlotto, sopraffini scopritori di talenti, che hanno ritenuto di proporlo a un pubblico allargato attraverso i tipi di una casa editrice di successo. Ma di cosa parla Nero di mare, un titolo che già inquieta solo a leggerlo, seppure stemperato da una immagine di copertina (peraltro a suo tempo dipinta dal padre dell’autore) dai toni sfumati e color pastello? Di un uomo sconfitto, spezzato, che ha perso tutto. Costretto ad abbandonare il lavoro da reporter, la sua Torino e la donna che amava. «Ma non è quel vigliacco che pensa di essere; e nemmeno un perdente come a prima vista potrebbe sembrare. Semmai un uomo spinto da una inarrestabile molla verso imprese donchisciottesche». Sta di fatto che Franco Zanna, questo il suo nome, si rifugia a Porto Sabore, nel nord della Sardegna, dove cerca di sopravvivere fotografando (osservando e aspettando) coppiette clandestine e celebrità di passaggio. In tal modo intende rifarsi una vita, confortato e consigliato dalla saggia barista Cosima, oltre che dallo zio Gonario, vecchio bandito in pensione che lo tratta come un figlio. Ma non sarà facile emergere dall’abisso di rabbia e alcolismo nel quale è precipitato. E non sarà nemmeno facile restare lontano dai guai, specialmente quando un’affascinante sirena dai capelli rossi, una figlia ritrovata e un manipolo di criminali in giacca e cravatta vengono a bussare alla sua porta. Che dire: se in Un caso come gli altri l’autore aveva impostato la trama su un interrogatorio-confessione fra la vedova di un feroce boss della Costa Jonica e un rampante sostituto procuratore della Repubblica, in Nero di mare l’obiettivo e i contenuti si spostano altrove, fra la povertà dell’aspra Barbagia e la ricchezza sfacciata della Costa Smeralda, dove un uomo solo si muove in cerca di una verità non facile da decifrare. Una verità sfuggente, trattata come si conviene dalla semplicità della parola e supportata da uno stile di alto profilo. Parola e stile che si addentrano nelle difficoltà della sopravvivenza, nei dolori di una nuova esistenza, nella scoperta che un uomo vinto ha un grosso vantaggio sugli altri: quello di non doversi fermare in quanto non ha nulla da perdere. Detto libro, note sull’autore. Nato il 26 ottobre 1962 a Nuoro, in Sardegna («Il mio sincero, affettuoso, eterno ringraziamento va a mio padre Antonio, pittore e poeta scomparso una decina di anni fa, che di questa terra mi ha mostrato i colori, oltre che a mia madre Giuliana per avermene trasmesso i valori»), Pasquale Ruju, dopo aver frequentato il liceo classico nella città natale si sarebbe laureato («Sono stato uno studente discretamente bravo, senza peraltro farmi mancare lo svago») in Architettura a Torino, dove si era trasferito assieme ad alcuni amici. Per poi avvicinarsi al mondo del cinema e del teatro come attore nonché come doppiatore di soap opera e cartoni animati. Un numero uno a suo dire dalla testa dura seppure gioviale («Sono un sardo barbaricino, non dimentichiamocelo, anche se non così ombroso come il protagonista del mio libro»), forte di una trentennale passione per le arti marziali («Sin quando mi sono stancato di rompermi sempre qualcosa, optando per le immersioni, possibilmente, nei mari tropicali»). Un autore pronto a mettersi sotto esame leggendo a voce alta certi suoi passi per vedere l’effetto che fa, fermo restando un feeling dichiarato per scrittori come Massimo Carlotto, Carlo Lucarelli, Sandrone Dazieri e, allargando l’orizzonte, anche per Alan Altieri (da poco scomparso), Don Winslow nonché per quel «saltimbanco della narrativa» che è Joe R. Lansdale. Sposato da un paio d’anni con Laura Rossi - attrice, regista, assistente di Moni Ovadia, insegnante di filosofia e ora prima guida di una società di consulenza - Ruju si divide fra Milano e Torino ed è in attesa di due… gatti dopo la scomparsa della micia di sua moglie («Non a caso il personaggio che tiene banco in Nero di mare ha un quattro zampe che la fa da padrone nel cortile dove si è accasato»). Che altro? Nel 1995 Ruju era entrato a far parte - accedendo dalla porta di servizio («Mi ero presentato alla corte dell’editor di Dylan Dog con una storia su un vicino di casa che gli era piaciuta») - dello staff degli autori di Dylan Dog, con sceneggiature allargate (a fronte di un record di 1.604 pagine realizzate in un solo anno) a tutte le altre serie dell’editrice milanese. In altre parole proponendosi come il secondo autore della casa dopo Tiziano Sclavi, il creatore appunto di Dylan Dog. Inoltre, sempre per la Sergio Bonelli, avrebbe dato voce, fra il 2006 e il 2007, alla miniserie in diciotto episodi Demian e, a partire da maggio 2010, anche a quella, sempre in diciotto episodi, battezzata Cassidy. A titolo di curiosità, e per completare il quadro, nel 2012 Ruju si era proposto come autore e sceneggiatore del thriller interattivo The House of Mystery, primo esempio italiano di film game pubblicitario («Si trattava di un esperimento girato a New Orleans in collaborazione con Claudio Argento, fratello di Dario, che mi ha permesso di incontrare sul set straordinari personaggi») nell’ambito della campagna Vigorsol Mystery. Sarà stata questa, viene da credere, la molla che lo ha portato ad abbracciare la narrativa di settore. E per quanto riguarda il suo domani narrativo? «Sto lavorando a nuove sceneggiature di Tex (un sempreverde di settant’anni che ancora oggi vende sulle trecentomila copie al mese dopo essere arrivato addirittura al milione) oltre ad aver abbozzato due storie gialle da scrivere senza fretta: una che rappresenta la prosecuzione di Nero di mare mentre l’altra si identifica in un noir ambientato nel mondo sportivo. E altro non dico».