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Mieli: città cruda nell’«Amica geniale»

Autore: Mirella Armiero
Testata: Corriere del Mezzogiorno
Data: 27 settembre 2017
URL: http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/arte_e_cultura/17_settembre_27/casacorriere-mieli-citta-cruda-nell-amica-geniale-c7fb6440-a351-11e7-a499-8c1b1ef5fd39.shtml

«La Napoli della serie tv L’Amica geniale sarà cruda, fuori dai cliché, sconvolgente. Lontana dagli stilemi delle pubblicità Dolce&Gabbana». Lorenzo Mieli, di Fremantlemedia, è il produttore della fiction che sarà tratta dalla saga di Elena Ferrante. Al suo attivo, Mieli ha già successi internazionali come «The Young Pope» di Paolo Sorrentino, oltre alla produzione della napoletanissima soap «Un posto al sole».

«L’Amica geniale» è stata già venduta in moltissimi paesi. Sarete i responsabili della diffusione dell’immagine di Napoli nel mondo, dopo «Gomorra».

«In effetti è così. La nostra Napoli non sarà quella dei vicoli. Specie nella prima parte della saga, il mondo della Ferrante, al quale saremo fedelissimi, rimanda al neorealismo, alle periferie dei palazzoni. Penso a Pasolini, ad atmosfere rarefatte, strade con edifici imponenti, con la criminalità che resta sullo sfondo».

Niente gomorrismi allora?

«No, ma nemmeno immagini buoniste. Il pubblico italiano, abituato alle rappresentazioni di Napoli, rimarrà molto sorpreso. E anche quello internazionale».

Altri riferimenti, oltre Pasolini? Forse Martone dell’«Amore molesto»?

«Sì, ma anche Sergio Leone. Il quartiere che abbiamo ricostruito è un sobborgo di un paese molto povero, sporco, violento, che ricorda il Terzo Mondo, ma anche assai vitale».

Com’è il rapporto con la scrittrice? Timore reverenziale o collaborazione?

«Collaborazione continua. Passo dopo passo le sottoponiamo la sceneggiatura via mail e lei ci risponde approvando o modificando. Tutti noi della produzione abbiamo subito capito che nel libro c’era tutto, non si deve aggiungere molto in termini di sceneggiatura. Ripeto, siamo molto fedeli all’originale».

Come mai Napoli va così di moda al cinema?

«Sono corsi e ricorsi ma in generale Napoli è una città di grande vitalità. Faccio un esempio. Per la fiction abbiamo fatto un casting di diecimila attori, professionisti e non. La qualità è la più alta d’Italia. Forse perché i napoletani sono abituati a recitare per vivere, per resistere. Da un lato sono motivi antropologici, dall’altro c’è una consolidata tradizione. Comunque di sicuro Gomorra ha riportato Napoli sotto i riflettori».

E come mai non c’è un’adeguata industria culturale?

«C’entra con ragioni storiche. A Roma c’è la produzione cinetelevisiva, a Milano l’intrattenimento, a Torino l’editoria. Però anche a Napoli ci sono alcune macchine culturali che funzionano, per esempio il teatro. E poi qui si gira bene, resta una città accogliente».