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RECENSIONE - "Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio" - A. Lakhous

Testata: La libreria di Eva
Data: 22 novembre 2017
URL: http://evapalumbo.blogspot.it/2017/11/recensione-scontro-di-civilta-per-un.html

Ne avevo sentito tanto parlare, volevo leggerlo da tanto tempo, ancora di più da quando ho scoperto che una mia prozia ha vissuto tanto tempo fa in un palazzo che all'epoca si diceva "stregato" proprio nella piazza del titolo... e poi, in questi tempi confusi, in cui voci contrastanti si alzano da tutte le parti per protestare contro un fenomeno su scala mondiale come la mescolanza di culture, una lettura di questo tipo è adatta per conoscere un punto di vista particolare. Anzi, come dicevo più su, tanti punti di vista particolari, perché il romanzo - breve, per la verità - è costruito in maniera molto curiosa, con le voci di undici residenti dello stabile di Piazza Vittorio che si alternano a raccontare, in prima persona, la "loro" verità. L'aspirante regista olandese accanto alla portinaia napoletana, il negoziante bengalese prima del professore milanese trapiantato suo malgrado a Roma, la povera badante peruviana, il barista Sandro, romano de Roma, insomma tutti descrivono in poche pennellate la loro realtà di solitudine, di rabbia, di perplessità di fronte a certezze di una vita che vacillano sotto i colpi di una strana modernità, di paure e di piccoli grandi atti di coraggio.

Ogni narrazione prende lo spunto dal fatto: l'omicidio di un delinquentello di mezza tacca che viveva nello stabile, il cui corpo pugnalato è stato ritrovato nell'ascensore, quello stesso ascensore oggetto delle dispute condominiali. Un morto che nessuno rimpiangerà diventa lo spunto per far esplodere rancori nascosti e inaspettate generosità, e su tutti i personaggi, al di sopra delle loro miserie, giganteggia una figura quasi mitica, quell'Amedeo che di tutti è amico, da tutti è rispettato, risolve i problemi, aiuta, sorride, tende la mano: la parte bella di noi, che quasi fatichiamo a riconoscere quando ce la troviamo davanti.

Il libro è scritto molto bene, e come dicevo è un piccolo tassello interessante per pensare, in questi tempi in cui l'immigrazione, la mescolanza delle culture, lo scontro, anche, sono argomenti molto urgenti. E' molto veloce e leggero, si legge d'un fiato, ma allo stesso tempo non va via subito, lascia da pensare, soprattutto a chi non ha paura di indagare sé stesso e le sue inconscie paure: quanto siamo realmente tolleranti, noi? Ma poi, è giusto definirsi "tolleranti"? Non ha in sé, questa parola, già un fondo di spocchia e presunta superiorità? Qual è il modo giusto di rapportarsi con culture tanto diverse da noi? Dov'è il confine - se esiste - tra "noi" e "loro"? Chi sono, "loro"? E chi siamo, "noi"?