Torino. 14 ottobre 2004. In uno scatto dira la madre uccide a coltellate la figlia ventenne.
Ha 45 anni, rugosa e inflaccidita, fa la donna di servizio per 6,50 euro in nero, grigia vita da discount, almeno tre bottiglie di vermouth alla settimana, a ballare due sabato al mese, schedina e novella 2000, gode solo masturbandosi dopo il sesso di coppia, sposata con Arturo, ex metalmeccanico sindacalizzato e di sinistra, disoccupato per due anni, ora magazziniere.
La figlia era carina, gambe lunghe, terza di seno, sedere disegnato, diplomata allistituto tecnico, lavorava come pony express in giro con motorino e cellulare, spendeva molto nelle collezioni da edicola, amava Abdel un tunisino rimpatriato proprio dopo la denuncia della madre, razzista, cattiva, invidiosa. Vivevano in un piccolo appartamentino di 62 metri quadrati, figlia e padre silenti resistenti, come la madre scopre dal diario di lei.
E un delirante asciutto monologo di disperazione femminile questo racconto lungo di Massimo Carlotto (Niente, più niente al mondo, edizioni e/o 2004, pag. 69, euro 7), teatrale contabile invettiva di una classica povera vittima e carnefice. Ovunque la Fiat, anche in scala. Segnalo la canzone dellossessivo verso del titolo, a pag. 31. Consigliato agli uomini, affinché reagiscano nel privato e nel politico