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La fiaba di Massimo Carlotto: Amal vuol dire speranza

Autore: Ippolita Luzzo
Testata: Ippolita
Data: 27 marzo 2018
URL: http://trollipp.blogspot.it/2018/03/la-fiaba-di-massimo-carlotto-amal-vuol.html

Non è questo il titolo del libro da cui è tratto lo spettacolo di stamani al Liceo Classico di Lamezia Terme, proposto e organizzato dalla Fondazione Lilli e dal Sistema Bibliotecario. La via del pepe con sottotitolo I mercati del Mediterraneo narra in parole e musiche l'epopea di annegati al largo di Lampedusa. A prua nel barcone sta Amal, la speranza, con cinque grani di pepe stretti nel pugno, sono il dono del nonno, un uomo legato al sacro, sono il dono simbolo della lunga via della storia. Sul barcone intanto si scruta l'orizzonte, si aspetta la terra, e mentre si attende, e mentre fiduciosi si abbandonano al rumore del mare avviene il collasso. La carretta del mare si sbriciola, annegano tutti, tutti tranne Amal, la speranza.

Appare nel mare una strana figura, fatta di acqua, ma con un viso femminile, la morte a forma di acqua, e inizia a discorrere con Amal per distrarsi, per allontanare la noia. Amal, smarrito, viene a sapere del potere insito nei cinque grani di pepe, lui non annegherà, per il momento, grazie alle arti del nonno, rimasto in Africa. Nel dialogo con la morte il ragazzo si accorgerà ben presto che non vi è nessuna dignità in questo viaggio e lascia andare i grani. La morte li rimette nel suo pugno con le parole "Non bisogna prendere la morte sul serio". La morte gioca come il gatto col topo e alla fine lascia andare Amal giù nel mare. Una fiaba però ha sempre la potenza del bene, e il nonno riappare, prende il posto del nipote, Amal arriva, sbarca, non viene creduto, viene rispedito di nuovo in Africa, in un luogo imprecisato e ritorna il cammino con una picozza in mano per trovare l'acqua. Ed è la tristezza il segreto per trovare la vena, sembra dirci Massimo Carlotto, davanti a questa immane tragedia che ogni giorno vede i nostri tempi trascorrere. Un cimitero, il mare Mediterraneo, un cimitero di numeri senza nome, un cimitero di nefandezze compiute in nome del dio mercato, in nome del commercio di corpi venduti e spellati, venduti e annegati. Una tristezza tanto enorme da richiedere l'uso fiabesco del racconto. Ascoltiamo le musiche di strumenti di quei luoghi, uno è unico al mondo, Maurizio Camardi e Mauro Palmas suonano, e sentiamo il pizzicore agli occhi, come se ci fossimo toccati gli occhi con la polvere rossa del pepe pestato. Nella fiaba la luna ha una lacrima, il cielo partecipa con un turbine, gli elementi della terra e dell'acqua si danno un abbraccio nella dolente ingiustizia della storia umana, individuale e di popoli.

"Nel cielo non c'era una nuvola. Nemmeno una. La mano di Dio le aveva allontanate con un gesto delicato perché l'azzurro più intenso splendesse nella traversata del peschereccio Firouz. Il mare era immobile e così trasparente che si potevano contare le conchiglie sul fondo di sabbia dorata. Migliaia di sardine avvolgevano lo scafo" Con il cielo fotografato da Daniele Rizzuti, la massa degli elementi che sovrastano i delitti e le atrocità commesse in nome del bisogno. Il bisogno di Amal, la speranza.