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Pulixi e il buio dell’animo umano

Autore: Barbara Baraldi
Testata: Scritture Barbariche
Data: 27 aprile 2018
URL: https://scritturebarbariche.wordpress.com/2018/04/27/pulixi-e-il-buio-dellanimo-umano/

«Nessuna notizia corre veloce in questura come quella della morte di un poliziotto. Omicidio o suicidio non fa differenza. In pochi minuti tutti lo sanno. E non importa che si tratti dell’ultimo degli agenti o del più alto dirigente. Quello che conta è che era un poliziotto. Uno di loro.»

La scelta del buio di Piergiorgio Pulixi (Sabot/age – Edizioni E/O) è il secondo volume della serie i Canti del male, con protagonista il commissario Vito Strega. Un solitario, di natura, un solitario per condanna visto che «per i colleghi non era più uno di loro da quando aveva ucciso in servizio un suo collaboratore, l’ispettore Jacopo Di Giulio. Poco importava che una commissione disciplinare interna l’avesse scagionato e reintegrato, giudicato quando successo quella notte un tragico incidente. Assassino di sbirri, sussurravano alle sue spalle. Nessuno gli rivolgeva più la parola. Era come un fantasma.»

Ed è proprio il “commissario fantasma” a dover far luce sulla morte del collega Roberto Larocca. La scena del crimine fa presupporre che si tratti di un suicidio, ma a Strega qualcosa non torna. Il dubbio si è insinuato nella sua mente come una spina impossibile da estirpare. Ed è attorno a un dettaglio apparentemente poco importante che Vito Strega fa partire la sua indagine.

Solo contro tutti, incurante delle pressioni della Digos, dell’odio dei colleghi, dei fantasmi del passato che non gli danno tregua.

La scrittura di Pulixi è essenziale, chirurgica. Nessuna frase di troppo, nessuna scorciatoia. L’indagine si dipana quasi come un pretesto per illuminare il buio dell’animo umano. Il tutto camminando sull’orlo del precipizio. Proprio come fa Strega, un uomo imperfetto che trova schegge di pace tra i suoi libri e un pezzo di Coltrane e la compagnia della gatta nera Sofia.

Tra le altre cose, ho apprezzato particolarmente il finale che non vuole essere per niente consolatorio, in linea con chi sceglie di narrare il buio.