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Safari di sangue (Deon Meyer)

Testata: ziopbeppino-libri.blogspot.com
Data: 11 novembre 2008

Ultimamente mi era successo raramente che un libro mi prendesse dalla prima pagina: non so per quale alchimia, ma questo ci è riuscito. Avevo già letto altro di Deon Meyer (codice: cacciatore e Afrikaan Blues) e mi era piaciuto, anche se non in modo esaltante. Buona scrittura, buone storie, buona leggibilità ma non c’era mai stata quella brama di arrivare all’ultima pagina per capire come finiva.

Eppure la prima pagina racconta della guardia del corpo (privata) Lemmer che sta ristrutturando casa, e della chiamata del suo capo per offrirgli un incarico. Ripeto: non so come mai – forse il fatto che la storia sembra raccontata da Lemmer direttamente – ma il racconto mi ha preso subito. E poi, quando nel corso della storia, l’intreccio si è infittito, la “sete” di conoscere la fine si è accentuata.

Ovviamente della storia posso raccontare poco, onde evitare che vi riveli finali e passaggi importanti. Lemmer è una guardia del corpo che ha avuto alcuni problemi in passato, finendo anche in prigione. La direttrice di una agenzia di sicurezza personale (la Body Armour) lo vuole comunque fra i suoi dipendenti e gli affida vari incarichi che lui porta a termine senza problemi.

Però arriva alla Body Armour una certa Emma Le Roux che dice di essere stata aggredita. Vuole una guardia del corpo per una settimana, finché non chiarisce una vicenda sospesa da oltre 20 anni: la presunta morte di suo fratello (o meglio: la scomparsa, in quanto non si è mai ritrovato il corpo).

Emma e Lemmer partono quindi per un viaggio nei luoghi del sudafrica dove ultimamente si sono svolte alcune vicende che vedono coinvolto una persona che Emma ritiene Jacobus, suo fratello. Il cognome è diverso, la faccia (vista al notiziario) non è proprio uguale a quella che ricorda lei, ma è convinta che si tratti di suo fratello. Convinzione rafforzata da due fatti. Pochi giorni dopo il notiziario in cui era stata mostrata la foto, Emma ha chiamato la polizia del luogo per avere maggiori informazioni ma senza scoprire niente: due giorni dopo, però, è stata aggredita a casa sua. E nel frattempo aveva ricevuto una telefonata, purtroppo disturbata, in cui una voce sconosciuta aveva parlato di suo fratello, ma a causa delle interferenze non aveva capito molto bene cosa la voce volesse comunicarle.

Lemmer non crede tanto ad Emma: la trova una bella ragazza, ricca, che vuol soddisfare alcune curiosità ma è convinto sia più per un rimorso di coscienza che per una vera ricerca della verità. Insomma: la asseconda ma crede poco che la faccenda dell’aggressione sia motivata dalla ricerca che sta compiendo.

Per la verità Lemmer è un tipo un po’ insicuro: considera sé stesso come una mediocre guardia del corpo, un tappabuchi per la Body Armour. E crede poco anche al suo capo quando gli racconta che Emma, all’agenzia, aveva chiesto il meglio e la capa aveva scelto, senza esitare, lui.

Si accorge di aver sbagliato su Emma quando attentano alla loro vita. La ragazza viene ferita e sbatte la testa: lui riesce a portarla ad un ospedale, ma Emma è in coma. Allora prende la cosa sul serio, sia perché ha riconosciuto che Emma aveva raccontato la verità, sia spinto da una sete di vendetta. Emma un po’ piace a Lemmer, anzi, più che un po’, ma cerca di mantenere un certo distacco per la professionalità del suo ruolo. Quando Emma è in coma, però, spinto dai dottori (ed anche un po’ rassicurato dal fatto che i dottori dicono che lei non ricorderà nulla di quello che dice), Lemmer le parla e le racconta la sua vita passata e le sue scelte di solitudine… Avrebbe voluto raccontarle qualcosa prima, ma un po’ per l’insicurezza (accampando scuse come la diversa estrazione sociale ed il diverso conto in banca) ed un po’ per la professionalità richiesta per il suo lavoro, non lo aveva fatto.

Lieto fine? Sì, sicuramente sì. Tutta la faccenda si dipana: i cattivi o muoiono o vengono arrestati, i buoni si ritrovano e viene anche portato alla luce un attentato, compiuto svariati anni prima, per assassinare il presidente di un Paese confinante col Sudafrica. Ma non dirò una parola di più!

Ripensavo ai personaggi e a come vari autori li “strutturano”. Tom Clancy nei suoi ultimi romanzi non da spessore al personaggio, anche perché spesso è un personaggio da video gioco (penso alla serie splinter cell in particolare). John Le Carrè – almeno nei romanzi che ho letto – invece approfondisce molto i personaggi, come anche faceva Agatha Christie. Sono convinto che la psicologia dei personaggi dia maggiore spessore al romanzo. Deon Meyer mi sembra riesca a porsi nel mezzo fra Clancy e Le Carrè, forse leggermente spostato verso quest'ultimo.

Il personaggio di Lemmer (come anche i protagonisti dei precedenti romanzi) è molto sviluppato. Magari non realista al 100% (questo Lemmer è un po’ emulo di James Bond – tutte le donne si innamorano di lui – anche se è un timidone ed un insicuro) ma di lui si conosce un po’ di infanzia, si sa come mai è andato in prigione, e – in fin dei conti – si conosce quella parte di storia che lo ha reso il personaggio che è ai giorni del romanzo.

Anche Emma è ben definita, mentre gli altri personaggi prendono meno spazio nella descrizione del proprio essere. Sì, si sa qualcosa bene o male di tutti, si conosco le azioni passate che adesso spingono ognuno a fare quello che fa, ma non abbiamo lo stesso livello di “completezza” di Lemmer.

Devo confessare una cosa: se non veniva raccontata un po’ di vita e di riflessioni di Lemmer, il libro sarebbe stato alto la metà. E purtroppo qualche passaggio è leggermente noioso: non da bloccare la lettura né da rompere l’azione, ma rimangono dei passaggi “interiorizzanti” di Lemmer che forse potevano essere accorciati od esclusi senza togliere spessore al personaggio. Oddio, siamo lontani dai livelli di Stieg Larsson (che ama divagare sui personaggi e le situazioni), quindi le divagazioni di Meyer sono molto più accettabili.

Mi piace anche l’ambientazione dei romanzi di Meyer. Il Sudafrica, secondo me, è un paese da visitare: ho visto delle foto di una amica che ci è stata e mi hanno colpito i colori del cielo e della natura. E l’autore descrive questi paesaggi in modo apprezzabile e in qualche caso ti sembra di essere lì.

Infine, nel romanzo ci sono anche alcuni richiami all’ecologia, al bracconaggio di animali esotici, alle ferite che ancora si aprono in quella terra. Non ci sono proclami particolari, forti prese di posizione o dichiarazioni esplicite; è più una pacata osservazione della realtà attuale, smorzata dalla convinzione (che l’autore fa esprime a Lemmer) che alcune posizioni (assunte da altri personaggi) siano esagerate o poco realizzabili.

Un romanzo, insomma, da ombrellone – anche se bello denso. Una storia che avvince e che si lascia leggere bene, realistica, con un eroe che non si sente un eroe (anzi, si considera piuttosto mediocre) ed un intreccio che riesce a reggere la tensione fino alla fine.

Buona lettura.