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«Questa sera è già domani» Per non dimenticare gli anni tremendi delle persecuzioni razziali

Autore: Sarah Pellizzari Rabolini
Testata: Ma se domani
Data: 19 agosto 2018
URL: https://www.masedomani.com/2018/08/19/libro-questa-sera-e-gia-domani/

Alla fine mi sono messa gli occhiali da sole scuri e ho tirato il tettuccio del lettino da spiaggia sopra la testa. Mi scendevano le lacrime.

Ho appena finito di leggere il libro di Lia Levi Questa sera è già domani Edizioni E/O, finalista al premio Strega e vincitore dello Strega Giovani 2018.

La storia di Alessandro e la sua famiglia, in fuga da un’Italia fascista che ha emesso le leggi razziali, è ispirata alla storia vera del marito dell’autrice, Luciano Tas, che all’età di sedici anni si trova nelle stesse condizioni di Alessandro. Deve fuggire, anzi è quasi troppo tardi per scappare; l’Italia ha firmato l’armistizio e se per qualche giorno il confine con la Svizzera è rimasto sguarnito da controlli, ora i tedeschi lo presidiano come cani rabbiosi. Avrebbe potuto scappare prima perché il padre di Alessandro, Marc, è di origine inglese, o meglio “belga di nascita, famiglia trapiantata in Olanda, inglese di passaporto e francese di madrelingua, pareva il riassunto dei vigorosi passi che gli ebrei avevano compiuto in lungo e in largo in Europa”. L’ambasciata britannica lo contatta in tempi ancora non sospetti quando l’Italia preferisce “la non belligeranza”. È il 1940 ma Emilia, la moglie, “delusa e rancorosa” determina il destino della famiglia. Vuole restare in Italia, crede che tutto si risolverà, un po’ per fiducia nel suo paese e un po’ perché “della complessità dei destini ebraici non le interessava proprio nulla”.

Ma le sue illusioni sono subito spazzate via dall’obbligo del confino. Quel passaporto inglese del marito, che prima poteva essere un lasciapassare, ora diventa una condanna: l’Inghilterra è nemica dell’Italia e come tale i suoi connazionali vengono espulsi.

Alessandro però resta con la zia Wanda, sorella di Emilia. Deve finire la scuola, a Genova. È un ragazzo intelligente, più della sua età, frequenta le classi del ginnasio anziché quelle precedenti. Ha un’intelligenza fuori dal comune. E non ha paura di nulla, tanto che all’esame obbligatorio per la classe successiva, essendo la scuola ebraica non paritaria, Alessandro si rifiuta di alzare il braccio per il saluto fascista. “Il saluto fascista non lo posso fare visto che non sono fascista- Alessandro risponde così al preside Castorina, non per provocare, solo per portare a fondo un semplice ragionamento. “Dovreste essere contento. L’avete scritto voi nel Manifesto: gli ebrei non possono essere iscritti al Partito Fascista. Il mio è un atto di obbedienza alle Leggi”.

Il personaggio di Alessandro si definisce sempre di più nel corso del romanzo: nonostante il suo essere chiuso, quasi impacciato a tratti, subisce le umiliazioni, con un desiderio di ribellione soffocato e di solenne educazione, non solo da parte di chi perseguita gli ebrei, ma anche di sua madre che lo mette a tacere e non lo considera. Sul finale il suo riscatto è deciso e composto, come il suo modo di essere, come il suo carattere: è lui la salvezza insieme ad una collanina con la stella ebraica.

Questa sera è già domani si snoda tra gli avvenimenti del 1938 fino all’armistizio del 1943, tra Genova e Livorno, dove vivono dei parenti. La trama è fitta e fonda il suo valore sulla forza della famiglia, dello stare insieme, dell’amicizia e della riconoscenza: Marc ospita l’amico Fausto quando i genitori gli voltano le spalle. Un gesto che non sarà dimenticato da Fausto quando Marc avrà bisogno d’aiuto. La zia Wanda cresce Alessandro quando i genitori sono al confino, lo zio Osvaldo si occupa di loro, la domestica Cesarina li accoglie in casa in un momento di fuga e smarrimento e la famiglia di Alessandro ospita degli ebrei scappati dall’Austria occupata.

Si sente l’angoscia, in questo romanzo, la pesantezza di un clima assurdo, quello della Seconda Guerra Mondiale, quando “l’ingiustizia era il tratto principale nel disegno delle loro vite”. Sono sotto l’ombrellone e mentre leggo mi rendo conto della fortuna di vivere ogni giorno senza quell’angoscia, quel tremendo terrore di sobbalzare ogni volta che bussano alla porta di casa. Forse non si può dire una lettura da spiaggia questa, ma leggere un libro di Lia Levi è per me una necessità, è un dovere, è un ricordare una pagina di storia agghiacciante: la persecuzione degli ebrei durante il secondo conflitto.

Fa contrasto il mio essere spensierata in vacanza e la storia di Alessandro, vera e crudele, di un passato non molto lontano, in luoghi che conosco e che ho visitato. Ma questa mia leggerezza dell’essere mi serve da monito per non dimenticare “che questo è stato” come diceva Primo Levi.

Ho appoggiato il romanzo chiuso ai piedi del lettino da spiaggia, mi sono messa gli occhiali da sole scuri e ho tirato il tettuccio sopra la testa. Ho pianto ricordando questa tragedia.