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Il secondo cavaliere, di Alex Beer (edizioni e/o)

Autore: Raffaella Tamba
Testata: Libroguerriero
Data: 13 settembre 2018
URL: https://libroguerriero.wordpress.com/2018/09/13/il-secondo-cavaliere-di-alex-beer/

Dopo aver pubblicato quattro thriller della serie Otto Morell, la scrittrice austriaca Daniela Larcher inaugura una nuova serie e si veste di una nuova identità (con le quali compare per la prima volta nelle librerie in lingua italiana): questo pregiato thriller storico-sociale è il primo pubblicato con lo pesudonimo di Alex Beer ed il primo dedicato ad un nuovo protagonista, l’ispettore di polizia August Emmerich.

Figura profondamente umana, marchiata da un’infanzia difficile, da una guerra che lo ha segnato ineluttabilmente, da un presente di stenti, Emmerich esemplifica il suo paese, l’Austria, uscito distrutto da un conflitto che lo ha umiliato e schiacciato. Pagina dopo pagina, la scrittrice ricostruisce con delicata amarezza un panorama di grande desolazione, nel quale si inserisce come una sciabolata la delirante maledizione scagliata da una vecchia che riecheggia i quattro cavalieri dell’Apocalisse secondo una simbologia popolare spesso associata alle due guerre mondiali: “Il primo cavaliere ha portato la tirannia, il secondo la guerra, il terzo la carestia, e adesso…terrore, sconfitta e…morte”.

Evocati solo in una pagina, rimangono sospesi nell’aria di tutto il romanzo, sfondo inquietante alla storia di una serie di delitti che si dipana in quel misero campo di battaglia che è la città di Vienna: quartieri ridotti ad una miseria quasi inumana, ai quali fa da contrasto la presenza di una nobiltà monarchica ingessata nel suo utopistico rimpianto di un passato brillante del quale non le rimane più nulla se non uno sfondo vuoto e spoglio come il palazzo della nonna di Winter; corruzione e contrabbando dalle opposte sfaccettature, quella di un borsanerista che si mantiene sul sottile filo di separazione tra la legge e il reato, guadagnando da un commercio che però sa e vuole anche indirizzare al bene della povera gente (“La legge e la giustizia sono due cose ben diverse”) e quella di criminali senza scrupoli, che calpestano chiunque pur di ottenere un profitto esclusivo per sé. Alla prima delle due parti appartiene Kolja, potente borsanerista nel quale Emmerich riconosce un compagno d’infanzia di orfanotrofio. Quel passato comune di privazioni, umiliazioni e solitudine diventa per l’ispettore il pegno di una fiducia che capisce non poter mai venir tradita. Sarà proprio lui ad aprirgli uno squarcio di ipocrisia nell’immagine leale, innocente ed eroica dell’esercito imperial-regio. Una vecchia foto, un volto cancellato con rabbia, crimini mai sepolti che ritornano dal passato, un serial killer inafferrabile e, sullo sfondo, sempre la guerra, quel secondo cavaliere la cui ombra inquieta ancora, come un’eco che non si spegne e avvolge indistintamente tutti i protagonisti della storia.

La scrittrice ha saputo creare tre personaggi di fine umanità, affidando loro una speciale missione di salvaguardia di un’etica generosa e sincera. Kolja, Winter ed Emmerich sanno andare oltre la visione egoistica che pervade la società, perseguendo una giustizia che non si lascia rivestire di convenienza o presunzione, ma che si esprime nella sua accezione più intrinseca: il rispetto dell’altro.

C’è sì un pessimismo profondissimo, un gelido senso di disillusione totale in quei grigi anni del dopoguerra del 1919, ma la scrittrice sceglie di sfumarlo lievemente con quella che, tanto spesso, è stata riconosciuta un’arma potentissima: l’ironia e l’umorismo. Emmerich, pur nel suo quadro desolato, riesce a mantenere un gentile atteggiamento di simpatia e scherzosità che gli impedisce di affogare nel mare di delusioni che lo circonda, dandogli la forza, se non la voglia, di continuare a cercare la giustizia per sé e per gli altri.