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«L’amica geniale» salva il cinema italiano (ma solo per tre giorni)

Autore: Paolo Mereghetti
Testata: Corriere della Sera
Data: 4 ottobre 2018
URL: https://www.corriere.it/opinioni/18_ottobre_03/amica-geniale-c3d52f16-c724-11e8-8ba5-9eaeeac74b23.shtml

Per una volta il cinema italiano è tornato a dominare la classifica degli incassi. È successo in questo inizio settimana, quando L’amica geniale di Saverio Costanzo ha battuto al botteghino l’hollywoodiano Gli incredibili 2, campione incontrastato del box office nazionale da due settimane. Certo, il successo va preso con le pinze: era uno di quegli «eventi speciali» in programmazione solo tre giorni che «giustificano» una maggiorazione del biglietto, il che però non ha spaventato il pubblico. Allo stesso modo, dopo il passaggio alla Mostra di Venezia, la proiezione al cinema delle prime due puntate della serie (che si vedrà a novembre su RaiUno) poteva essere considerata un gigantesco spot per la televisione, ma il pubblico non se n’è preoccupato.

La curiosità di vedere come i libri di Elena Ferrante prendevano forma e colori ha superato ogni possibile resistenza. E già qui ci sarebbe materia di riflessione sui cosiddetti gusti del pubblico, che da più parti viene accusato di snobbare il prodotto italiano. Il successo davvero sorprendente di queste proiezioni sembra dimostrare il contrario: quando l’offerta è di qualità c’è una bella fetta di pubblico disposta a pagare (e per giunta col sovrapprezzo) pur di vedere quello che tra un paio di mesi potrebbe trovare gratuitamente sul televisore di casa.

Se non va a vedere altri prodotti nazionali, forse, è perché ne intuisce la scarsa qualità, l’idea residuale, l’interpretazione svogliata. E a questo punto bisognerebbe interrogare anche i produttori (qui RaiFiction, TimVision, Wildside, Fandango ed Hbo) per rifare la domanda: perché certe storie finiscono in televisione e non al cinema? Perché quando si produce per il piccolo schermo sembra di vedere una voglia più grande di originalità e di innovazione? Sicuramente la crisi del nostro cinema ha tante cause, ma molti produttori dovrebbero iniziare a chiederlo a se stessi.