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C'è un intoppo con l'Anschluss, i nostri panzer sono in fiamme

Autore: Andrea Marcolongo
Testata: Tuttolibri - La Stampa
Data: 6 ottobre 2018

È uno scrittore riservato, arrivato a Parigi con il primo treno da Rennes, quello che varca la soglia del ristorante Drouant per ritirare, come da tradizione, il Prix Goncourt 2017. Fin dal principio considerato un outsider, candidato con un libro che nemmeno è un romanzo stricto sensu, è stato infine Éric Vuillard ad aggiudicarsi il premio letterario più ambito di Francia con L'ordine del giorno, ora edito in Italia da E/O con la magistrale traduzione di Alberto Bracci Testasecca.

Se pensiamo alla Germania nazista, alla figura di Hitler, alla Seconda Guerra Mondiale e al genocidio di milioni di ebrei, la nostra mente corre subito ai tragici eventi del più sanguinoso conflitto del secolo scorso. «Ma si dice che la letteratura consenta tutto. Il tempo delle parole, compatto o liquido, impenetrabile o fitto, denso, stirato, granuloso, pietrifica i personaggi, li cristallizza», scrive Vuillard al principio del suo breve romanzo. Lo scrittore non è interessato alla Storia grande, quella con la lettera maiuscola e che oggi studiamo sui libri. Il suo sguardo narrativo si posa invece sulla storia piccola, quella che nessuno conosce: la componente individuale, i minuscoli esseri umani che hanno reso possibile ciò che è stato con le loro manie, i loro capricci, gli errori di valutazione e soprattutto la loro viltà.

«Erano in ventiquattro accanto agli alberi morti della Il romanzo ricostruisce l'immane tragedia con caustica ironia e accuratezza storica riva, ventiquattro soprabiti neri, marroni o cognac, e lo stesso numero di pantaloni con le pinces e l'orlo alto»: ecco i più grandi industriali di Germania accorsi a finanziare il partito nazista. I nomi propri non contano, si chiamano Bayer, Opel, Siemens, Allianz, Telefunken, sono le nostre automobili, le nostre lavatrici, i nostri detersivi - «ma quel 20 febbraio 1933 nel palazzo del Reichstag sono ventiquattro impassibili macchine alle porte dell'inferno».

Il lettore scoprirà che l'Inghilterra ha reagito all'annessione dell'Austria con mezza giornata di ritardo perché l'ambasciatore tedesco ha trattenuto per ore a pranzo Churchill parlando di tennis e altre amenità, sapendo che per gli inglesi infrangere il protocollo è ben più grave di una guerra. E che Hitler qualche volta fu felice «forse come una lumaca gioisce delle proprie corna molli».

Le democrazie europee opposero all'invasione dell'Austria una rassegnazione affascinata: «l'oroscopo del 12 marzo 1933 fu splendido per Bilancia, Cancro e Scorpione, mentre per il resto dell'umanità era nefasto», scrive con ironia Vuillard.

Lo stesso ministro austriaco Schuschnigg si fece trattare come uno zerbino da Hitler - che lo chiamava genericamente «signore» mentre lui ossequioso balbettava «Cancelliere» - arrivando ad offrire alla Germania prima Beethoven (che era tedesco!) e poi il paese natale di Hitler con tutte le sue viuzze e i campanili, abitanti compresi. Infine, dopo pubblicamente tesi e privatamente tragicomici giorni (il Presidente francese Albert Lebrun impegnato al telefono una mattina intera per decidere se i vini di Émerges e di Pruzilly meritassero la denominazione di origine controllata), Vienna e i suoi abitanti erano così stremati da non desiderare altro che essere assediati - e così avverrà, con un'invasione passata alla Storia come «lampo», ma effettuata su treni di linea perché i blindati tedeschi quel giorno andarono in panne.

È con uno stile insuperabile, accuratezza storica e senza mai scadere nella banale aneddotica che lo scrittore francese ci narra quanto si è nascosto sotto il tappeto della Seconda Guerra Mondiale. Decriptare la storia, rovesciare l'effetto domino di azioni e di reazioni che il Nazismo ha messo in moto: questo è L'ordine del Giorno di Eric Vuillard, e non si può che concordare con Le Monde che l'ha definito «di una potenza sconcertante nella sua semplicità».